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Cosa è cambiato dopo il Covid-19

di MARTA BICEGO

A che punto siamo con la pandemia? Gli esperti fanno il punto su efficacia e sicurezza dei vaccini

Parole chiave: Covid-19 (90), Salute (63)
Cosa è cambiato dopo il Covid-19

di MARTA BICEGO

Cosa è cambiato, come siamo cambiati. Risalgono a quasi due anni fa i primi casi ufficiali di Covid-19 e ognuno di noi custodisce un filmato della propria memoria a scandire i mesi trascorsi tra contagi, restrizioni e paure, speranze affidate a vaccinazioni e scienza. A che punto siamo, con la pandemia che non allenta la presa? Stiamo combattendo contro un virus poco conosciuto e false notizie altrettanto contagiose, ha evidenziato Giuseppe Lippi, presidente della Scuola di medicina e chirurgia dell’ateneo scaligero, nella tavola rotonda organizzata dall’Università di Verona al policlinico di Borgo Roma per far tracciare un bilancio agli esperti tuttora impegnati sul campo. Incontro, non a caso, preceduto dalla proiezione del film Io resto del regista veronese Michele Aiello, documentario sulla lotta al Covid-19 negli Ospedali civili di Brescia.
Aver presente quanto accaduto nelle corsie, con l’impegno degli operatori sanitari, ricorda di aver fiducia nella scienza. E nei vaccini, sulla cui efficacia non devono esserci dubbi, per cui ha sfatato alcune erronee convinzioni: «Non è vero che più ci vacciniamo, più si sviluppano varianti. Così come dire che i vaccini sono rimedi omeopatici o grossomodo acqua distillata con sale. Tanto che, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, si è stimato che, nei primi sei mesi del 2021, sono state salvate 12mila vite», ha sottolineato Lippi.
Nessun dubbio deve riguardare tollerabilità e sicurezza, secondo Ugo Moretti, responsabile del Centro regionale di farmacovigilanza del Veneto. «I vaccini sono efficaci nel proteggerci dalle conseguenze gravi della malattia», ha ribadito. Da adulti e in età pediatrica, che ora nella fascia 0-9 anni ha il numero di casi più elevati rapportati alla popolazione. Sottoposti a continuo monitoraggio, ha spiegato, sono gli eventi avversi laddove si verificano, in una platea che ormai conta 704 milioni di dosi somministrate in Unione Europea, di cui 105 milioni in Italia. «Abbiamo una massa di informazioni derivate da un uso così esteso, che consentono di affermare la sicurezza dei vaccini. Questo vale anche per i bambini, per vaccinazioni iniziate negli Stati Uniti tra la fine di ottobre e i primi di novembre, con 5 milioni di vaccinati, 60mila in Israele. A fronte di questi numeri, si è confermato l’ottimo profilo di rischio. Non ci sono stati eventi avversi gravi, né casi di miocardite».
Informazioni raccolte e condivise in tempi rapidi: aspetto che dovrebbe tranquillizzare i genitori. Passi avanti sono stati compiuti dalla ricerca sul fronte delle cure. Tra le terapie più innovative, annovera gli anticorpi monoclonali Evelina Tacconelli: direttrice dell’unità operativa complessa di Malattie infettive di Verona, coordina un ambulatorio che segue oltre 1.300 soggetti nelle problematiche post Covid e il primo ambulatorio in Italia che somministra monoclonali. Si tratta di farmaci che non sono nati col nuovo Coronavirus, ha precisato: «Li utilizzavamo per trattare rabbia ed ebola. Si vendono a prezzi elevatissimi, perché hanno un costo di produzione importante. Sono usati da reumatologi e oncologi».
Consentono di agire in maniera selettiva bloccando la diffusione del virus fino a 12 mesi, ma la difficoltà è la somministrazione tempestiva, entro le 72 ore dall’insorgenza dei sintomi. Le evidenze scientifiche li suggeriscono come arma efficace, soprattutto nei soggetti fragili. «Se la vaccinazione non è obbligatoria, è diritto del paziente rifiutarsi di farla. Da questo punto non possiamo discostarci. C’è un errore nella comunicazione medico-paziente: i No vax non sono i cattivi, hanno espresso un’opinione. Il mio compito è di essere sicura che abbiano ricevuto la comunicazione giusta – ha concluso –. Se come medici perdessimo più tempo nel parlare, anche al singolo paziente, una grandissima maggioranza di persone troverebbe risposta ai loro quesiti. Se riteniamo il vaccino essenziale, deve essere fatto un piano diverso di sanità pubblica».

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