Che buona questa agricoltura
Si chiama FARm, nasce a Verona ed è un progetto contro il caporalato e lo sfruttamento nei campi
Che buoni i pomodori d'estate, per non parlare delle pesche, dei meloni, delle angurie... Ma pensiamo mai a come questi prodotti arrivano sulle nostre tavole? Non sempre sono il frutto del sudore di onesti contadini. Succede anche che dietro alla raccolta dei prodotti di stagione si nascondano racket ed economie illegali, che accompagnano ogni cassetta con minacce e schiavitù di persone deboli (spesso immigrati irregolari).
Per prevenire questo fenomeno, l'Università di Verona ha ricevuto un finanziamento di 3 milioni di euro dall’Unione Europea, attraverso il fondo Asilo migrazione e integrazione (Fami), gestito dai Ministeri dell’Interno e del Lavoro. In pratica, l'università farà da coordinamento fra una serie di istituzioni (Regioni, Comuni e Direzioni competenti, articolazioni del settore socio-sanitario regionale) ed enti di supporto del mercato del lavoro, lavorando a fianco del privato-sociale che già si occupa di progetti anti-tratta, e coinvolgendo ovviamente imprese agricole e parti sociali.
«FARm nasce dopo la pubblicazione di articoli sulla stampa locale veronese dedicati allo sfruttamento dei migranti in agricoltura attraverso le cooperative senza terra – chiarisce la coordinatrice del progetto Laura Calafà, docente di Diritto del lavoro del dipartimento di Scienze giuridiche –. L’idea di base è di portare a sistema diverse linee di intervento mediante la valorizzazione degli strumenti della Responsabilità sociale dell’impresa sui cui è fondato il "Piano di azione nazionale impresa e diritti umani 2016-2021", trasformandone gli obiettivi in interventi concreti ed efficaci non solo per l’agricoltura nei territori considerati, ma per l’intero territorio nazionale e in settori produttivi diversi e ulteriori rispetto a quello dell’agricoltura grazie al supporto di una solida rete di supporto al progetto. FARm è collegato al progetto finanziato "Buona terra" della Regione Piemonte e al progetto, primo dei non finanziati, "Demetra" della Coldiretti Toscana».
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