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Attraversano l’Amazzonia in bicicletta per monitorare il suo stato di salute

di ADRIANA VALLISARI

Tre ciclisti, di cui uno veronese, in sella per migliaia di km dall’Atlantico al Pacifico: è la Transamazzonica

Parole chiave: Crisi climatica (2), Amazzonia (5), Laudato Si' (24), Papa Francesco (121), Ambiente (22), Clima (9)
Attraversano l’Amazzonia in bicicletta per monitorare il suo stato di salute

di ADRIANA VALLISARI

«Ci stiamo acclimatando alle alte temperature, all’umidità elevatissima e ai primi acquazzoni tropicali». Se questa settimana ci siamo tutti lamentati per l’afa, provate a immaginare come devono essere le condizioni che stanno fronteggiando questi tre ciclisti volati in Brasile, a Belem, l’11 luglio scorso, per compiere un’avventura estrema. Ovvero pedalare per oltre cinquemila chilometri nella foresta amazzonica: un’impresa sportiva, ma soprattutto un modo per tenere alta l’attenzione sulla distruzione del polmone verde del mondo e sulla violazione dei diritti umani di chi lo abita. Un luogo che può sembrarci lontano ma che, come dimostra la crisi climatica, ci vede tutti interconnessi.

Con questo obiettivo si sono messi in viaggio in tre: Alberto Vaona, medico veronese classe 1975, che ha alle spalle numerosi viaggi anche in solitaria, che torna in America Latina dopo aver già percorso in bici Argentina, Cile, Perù e Bolivia, molta Europa e pure la Mongolia; Paolo Simone, classe 1959, ex pilota dell’Aeronautica, di Novara, con un passato nel settore dei soccorsi in mare, in montagna e in teatri di guerra, appassionato di sport e viaggi; Riccardo Bonazzo, carabiniere forestale di Bassano, nato nel 1960, ex atleta pluridecorato, con 40 maratone internazionali all’attivo, che ha sempre lavorato in ambito ambientale, intervenendo pure nel soccorso alle popolazioni colpite dai terremoti dell’Aquila e Amatrice.

Un bel trio tosto, che ha iniziato a viaggiare nei giorni scorsi sulla Transamazzonica, la strada che unisce due oceani, l’Atlantico e il Pacifico, attraverso Brasile, Bolivia e Cile.

«Il nostro viaggio vuole dare un messaggio: un’altra umanità è possibile, un’umanità che viva in pace con il suo ambiente e con sé stessa; l’Amazzonia è il luogo dove più che altrove si gioca il destino dell’umanità: noi porteremo avanti la nostra azione dal cuore della grande foresta per dire a tutti: “L’Amazzonia sono anche io”, anche se vivo dall’altra parte del pianeta. Anche io ne sono responsabile e voglio prendermene cura», spiegano i ciclisti sul sito creato per l’occasione, iosonoamazzonia.org.

Ne mostreranno bellezza e problemi, assicurano. «Tutti noi abbiamo un’idea romantica dell’Amazzonia: quello che vogliamo fare è vedere da vicino come vanno le cose, in termini di distruzione dell’ambiente e di violazione dei diritti di migliaia di indios, documentandolo poi sui nostri canali social, attraverso i quali le persone possono seguirci», invita Vaona.

Nei giorni scorsi i tre sono arrivati a Tucurui, dove nel 1978 aveva iniziato a pedalare l’infermiera neozelandese Louise Sutherland, la prima a fare la Transamazzonica con una bici simile a una Graziella, senza mai forare le ruote. «Si tratta di un viaggio eccezionale, che noi facciamo per la terza volta nella storia: Louise era andata senza conoscere la strada, noi abbiamo un gps che traccia la nostra posizione ogni 2 minuti – dice il medico veronese –. Abbiamo scelto di partire in questa stagione perché è quella secca, nonostante l’umidità soffocante: le difficoltà che ci attendono saranno molteplici, dal clima alla pericolosità dell’ambiente; la foresta sarà una grande incognita: in alcuni punti il primo centro abitato sarà a 400 km di distanza».

L'articolo completo è su Verona fedele del 23 luglio 2023.  

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