Quando la ricchezza porta ritenersi autosufficienti

«E quello che hai preparato, di chi sarà?»

August 1, 2025

| DI Lorenza Ferrari

Quando la ricchezza porta ritenersi autosufficienti
Da molte persone del suo tempo Gesù è considerato un maestro autorevole nell’interpretazione della Scrittura, pertanto più volte viene interpellato da chi lo ascolta riguardo ad argomenti particolarmente sentiti nel giudaismo ma anche in merito a questioni più quotidiane e concrete. Rientra in quest’ultimo gruppo il caso esposto nel brano evangelico di questa domenica. Si tratta di un testo estrapolato dal capitolo dodicesimo del Vangelo secondo Luca che narra un episodio assente negli altri sinottici. Le tematiche che affiorano nel testo sono di ambito sociale e appartengono a quelle particolarmente care al terzo evangelista: il lavoro, il rapporto con il possesso dei beni e del denaro.
Il brano descrive Gesù che durante il suo viaggio verso Gerusalemme viene interpellato da un uomo che, restando tra la gente, gli chiede di farsi arbitro riguardo una questione ereditaria tra fratelli. La legge del tempo stabiliva che in caso di morte di un padre proprietario di immobili (quindi case e terreni) l’eredità spettava al primogenito per garantire l’integrità del patrimonio e impedirne la divisione, mentre agli altri figli toccava in sorte una parte dei beni mobili. Posto dinnanzi a tale domanda il Maestro rifiuta di intervenire e prendere le parti di uno dei contendenti. Le domande che sorgono di fronte a una simile reazione sono molteplici: forse Gesù non vuole sostituirsi ai giudici preposti a questo dalla Torah? O evita di rispondere per evidenziare che non è interessato alle questioni meramente economiche mentre la sua missione riguarda la dimensione spirituale? Oppure il suo è un modo di richiamare i fratelli alla responsabilità nel gestire il conflitto? In realtà il Nazareno evitando di dirimere la questione mostra di essere più interessato a far emergere che cosa sta alla radice della stessa.
Anche in questo caso il Maestro non dispensa norme, non emana regole, leggi o prescrizioni da applicare in ambito ereditario, ma rende la richiesta che gli è stata rivolta una occasione di riflessione per soffermarsi a fare verità in se stessi, a mettere in luce che cosa è importante per la vita e le dona un senso autentico e non effimero. Così come Dio ha dato istruzioni a Mosè perché salisse sul monte Nebo ad ammirare quella terra che era stata data in eredità al popolo di Israele, anche Gesù con le sue parole sembra voler innalzare chi lo ascolta perché possa guardare ciò che muove e determina le sue azioni dall’alto, per scorgere ciò che altrimenti non si riuscirebbe a vedere. L’avidità, il desiderio vorace di possesso delle cose e del denaro sono delle tentazioni ricorrenti nella vita dell’uomo, che contribuiscono ad alimentare i conflitti interpersonali, ad annebbiare la vista perché portano ad identificare le altre persone come dei potenziali concorrenti e ostacoli in una corsa all’accumulo che rimane sempre bulimica e parziale.
La parabola che viene narrata dal Nazareno ha un solo protagonista che resta anonimo e viene caratterizzato unicamente dal suo essere ricco, autocentrato e dalla sua inclinazione al pensare e al fare. Tutto ciò che costui possiede e dice a se stesso sembra essere rilevante esclusivamente per lui: nessun altro viene coinvolto o trae giovamento dall’abbondanza che contraddistingue questo ricco; nessuna condivisione, nessuna moltiplicazione della gioia suscitata da un raccolto straordinariamente generoso. Si comprende, quindi, che la ricchezza è particolarmente insidiosa perché porta con sé il rischio di pensarsi autonomi, autosufficienti, per nulla mancanti o bisognosi. Il prendere la parola da parte di Dio a questo punto della narrazione ha lo scopo di condurre il ricco e gli ascoltatori a riflettere: «Quello che hai preparato, di chi sarà?». Ecco la vera eredità da predisporre e su cui meditare.
Poter padroneggiare il tempo, voler mettere le mani sul futuro, avere il controllo su quanto non è ancora accaduto sono stolte illusioni travestite da sicurezze. L’esortazione che il vangelo rivolge ad ognuno è orientata al far pace con la propria condizione fragile e mortale facendola diventare motivo di abbandono sicuro e fiducioso nelle mani di Dio che dona vita vera, quella eterna.

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