Trentacinque nomi di soldati. E dietro ad ognuno di essi una storia drammatica personale. L’obelisco che sorge al centro di Angiari non è solo il monumento ai soldati caduti in tutte le guerre, bensì è una vera e propria “miniera di informazioni” per Vanna Manfrè, storica del paese che a tale simbolo ha dedicato le proprie ricerche negli ultimi anni. Proprio dalla stele Manfrè ha tratto lo spunto per ricostruire le circostanze in cui sono morti i 35 militari del centro di destra Adige che, ottant’anni fa, hanno combattuto nei vari scenari del Secondo conflitto mondiale. Ne è così risultato un volume che, pubblicato con il patrocinio del Comune, è stato presentato dalla stessa autrice domenica 26 ottobre al centro culturale Il Filò.
L’incontro, a cui sono intervenuti a fianco di Manfrè anche Maria Rita Bruschi, dell’Istituto mantovano di storia contemporanea, e Girolamo Paparella, docente dell’istituto superiore “Leonardo Da Vinci”di Cerea, si è trasformato in un’occasione per rispolverare 35 vicende che, altrimenti, sarebbero finite nel dimenticatoio. «Le circostanze in cui i 35 soldati angiaresi riportati sul monumento persero la vita, furono le più svariate e incredibili», confessa Manfrè, che poi rivela: «Ho scelto di dare un taglio narrativo a questo mio lavoro, che si basa prevalentemente su ricerche d’archivio, ma anche sulle testimonianze orali dei discendenti di questi caduti. Sono riuscita a reperire quasi tutte le immagini di corredo alle vicende di questi 35 concittadini-soldati». Il libro, autopubblicato da Manfrè, è disponibile alla cartoleria-edicola di Lorenzo Isoardi, ad Angiari.
Quali furono, dunque, i motivi per cui questi soldati morirono sui vari fronti di guerra? «Tra le vicende più tragiche – riferisce la storica – ci fu sicuramente quella di Bruno Signoretto, classe 1920, disperso in mare l’8 aprile 1943 al largo della Tunisia nell’affondamento del piroscafo Foggia. La nave lo stava riportando in Patria dopo oltre due anni e mezzo di permanenza ininterrotta sul fronte africano settentrionale, quando l’imbarcazione venne silurata e affondata da un sommergibile inglese».
Mostrando una foto dell’ex militare, con scritto sul retro “Tunisi 1943”, Manfrè prosegue: «Del periodo di Bruno sul fronte in Africa conosciamo i dettagli grazie alle numerosissime lettere che egli scrisse alla famiglia. Ad oggi ne rimangono 170, conservate da un nipote. Prima di imbarcarsi sul Foggia, Signoretto era stato carrista, divenendo poi autiere». Un’altra vicenda riscoperta dalla storica di Angiari è quella di Egidio Ottaviani, nato nel 1918. «Ottaviani era un Imi, ossia Internato militare italiano – sottolinea Manfrè – ed è morto mentre era prigioniero in Germania il 15 maggio 1944 nello Stalag VI J/Z di Dorsten, nella Renania settentrionale: gli fu fatale una tubercolosi polmonare».
La storica illustra ciò che ha scoperto riguardo la vita di Ottaviani con la divisa militare. «Egidio – informa la ricercatrice di Angiari – era un pontiere. Fu catturato a Piacenza all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943. L’argomento Imi, nonostante il trascorrere dei decenni, è ancora molto di attualità in questi anni in Italia. Gli internati militari italiani – specifica la storica – in totale furono 650mila: tutti finiti prigionieri dei tedeschi». Ciò che condizionò il destino degli internati militari fu il loro diniego di collaborare con il regime nazifascista: «Al loro “no” – riconosce Manfrè – negli ultimi anni è stato riconosciuto il valore di una “resistenza”, sia pur praticata senza armi».
Vari sono i fronti dove furono impiegati e trovarono la morte gli altri soldati di Angiari, i cui nomi sono stati scolpiti sul monumento davanti al municipio. Ci sono infatti angiaresi caduti sui fronti greco-albanese, russo, africano settentrionale, italiano meridionale, balcanico, e in Germania. Manfrè ha pure indagato la vita dei soldati del paese morti per una delle tante malattie contratte una volta indossata la divisa. Così come sono stati ricercati i nomi dei caduti tra le forze armate della Repubblica sociale italiana. Dalle ricerche illustrate dall’autrice, risulta inoltre che le due lastre marmoree su cui sono stati riportati i nomi dei soldati scomparsi nell’ultimo conflitto mondiale furono posate alla fine del 1948. «Tale cerimonia – spiega Manfrè – probabilmente fu organizzata in occasione delle celebrazioni patriottiche del 4 novembre di quell’anno. Questi nuovi nomi affiancarono i 51 già esistenti di soldati defunti nella guerra precedente».