Asia che è andata in Africa per aiutare quelli di Emergency

Giovane laureata di San Giovanni Lupatoto ha offerto i suoi servigi per un ospedale in Sierra Leone

October 8, 2025

| DI Renzo Gastaldo

Asia che è andata in Africa per aiutare quelli di Emergency
Lavoro amministrativo? Beh, parliamone! Se per voi è un lavoro amministrativo sedersi ad un capo del tavolo, con di fronte un impresario che deve eseguire il lavoro di rimozione di un grande albero che, causa un fortunale,  è rovinato sopra il tetto dell’ospedale di Emergency attivo a Freetown, capitale dello Stato africano della Sierra Leone, con la complicazione che voi dovete spendere la minor cifra possibile (e intervenire con la massima  velocità per ridare immediata funzionalità ai reparti sanitari danneggiati) e che lui è maestro nell’arte tutta africana della contrattazione... Beh, allora il confronto si può in qualche modo lontanamente  configurare come una “pratica amministrativa”. 
Questa è una delle incombenze che si è trovata ad affrontare Asia Giavoni, laureata over 25 lupatotina che è ripartita sabato scorso per prestare servizio amministrativo al nosocomio di Emergency (64 posti letto, seguiti da oltre 200 medici e infermieri e circa 20 fra addetti ai vari servizi sanitari e non, unica struttura di Freetown ad erogare cure gratuite). Come noto, gli obiettivi dichiarati di Emergency sono quelli di offrire cure mediche e chirurgiche gratuite e di alta qualità alle vittime della guerra e della povertà. Nata nel 1994 per fornire soccorso chirurgico nei Paesi in guerra, l’associazione ha nel tempo esteso il raggio delle sue attività alla cura delle vittime della povertà in Paesi in cui non esistono strutture sanitarie gratuite.
Perché poi a una struttura medica servano anche gli addetti amministrativi, è presto detto. «Il complesso mondo degli interventi in aiuto dei Paesi in via di sviluppo (la Sierra Leone ha circa 8 milioni di abitanti, grandi miniere di diamanti e una mortalità infantile fra le più alte al mondo) necessita non solo di personale sanitario, ma anche di queste figure che “tengono a posto le carte e seguono i conti” – precisa Asia –. Ho già trascorso cinque mesi all’ospedale di Freetown impiegata in attività amministrative di diverso tipo, che vanno dall’approvvigionamento delle derrate alimentari, il cui prezzo sale di giorno in giorno a causa dell’inflazione galoppante, ai contatti con le istituzioni governative, alla rendicontazione delle spese con la sede centrale di Emergency a Milano», racconta.
Il contenuto del suo ruolo, specie in una struttura “leggera” come quelle di Emergency attiva in Sierra Leone richiede molta vesatilità. «A luglio, qualche giorno prima di tornare in Italia, mi sono trovata ad affrontare, al fianco di altri colleghi, una lunga contrattazione con il titolare di una ditta sierraleonese da cui volevamo acquistare una certa quantità di bombole di ossigeno – racconta Aisa –. Io chiedevo che mi praticasse uno sconto sul prezzo unitario. Lui voleva applicarmi il prezzo pieno e darmi, invece dello sconto, un certo numero di bombole gratuitamente. Alla fine, dopo un’estenuante trattativa in parte in inglese e in parte in lingua locale krio, per la cui traduzione ero aiutata da un residente, abbiamo trovato un accordo»..
Prima di prestare servizio con Emergency, la giovane laureata lupatotina ha fatto una approfondito periodo di collaborazione con una realtà che si occupa di persone fragili in Spagna e poi ha maturato una significativa esperienza di collaborazione in un progetto di sviluppo rurale di un’altra ong in Honduras.
«Concluso, a fine 2024 il periodo di servizio in Honduras, ho preso carta e penna e mi sono rivolta a Emergency allegando il curriculum, per chiedere se c’era un posto per me da qualche parte nel mondo. Mi hanno risposto offrendomi una collaborazione nell’area amministrativa del loro centro chirurgico e pediatrico di Goderich, sobborgo di Freetown, capitale della Sierra Leone. A marzo sono partita»..
Il significato più profondo di questa esperienza lo racconta Asia stessa: «Credo che ciascuno, nel proprio ambito, possa contribuire a trasformare relazioni storicamente segnate da disuguaglianze e squilibri. Non si tratta di “aiutare” altri Paesi dall’alto, ma di costruire percorsi di cooperazione basati sullo scambio, sul rispetto e sulla responsabilità reciproca. E questo si può fare ogni giorno, anche nelle attività più quotidiane e apparentemente ordinarie. C’è chi poi lo fa sul campo, come medico o infermiere; io ho scelto di farlo da dietro una scrivania, con gli strumenti del mio lavoro», conclude.

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