La finale dei mondiali 2002 e quella tra le ultime della classe

Al quarto minuto, su calcio d’angolo, il difensore dei verdi spazza l’area come peggio non potrebbe: ne viene fuori un pallone a campanile sul quale si avventa il capitano dei gialli...

December 2, 2019

| DI Redazione Online

Al quarto minuto, su calcio d’angolo, il difensore dei verdi spazza l’area come peggio non potrebbe: ne viene fuori un pallone a campanile sul quale si avventa il capitano dei gialli. Colpo di testa apparentemente innocuo, se non fosse che il terreno di gioco è brullo come un campo appena arato, e un rimbalzo strano tradisce il portiere. Il bis arriva su calcio di punizione (e sì, stavolta l’estremo difensore, dai riflessi non proprio fenomenali, qualche responsabilità ce l’ha). I gialli dilagano con un tiro scagliato comodamente da dentro l’area e con un autogol. Finisce 4-0, con una grande festa alla quale partecipano decine di migliaia di spettatori. La partita è Bhutan-Montserrat, due nazioni con ben poco in comune. Il primo è un piccolo regno nell’Himalaya. L’isola di Montserrat invece è nel mar dei Caraibi, tanto meravigliosa quanto ancora sofferente dopo l’eruzione del 1995 che ne distrusse oltre la metà. Si gioca il 30 gi­­ugno 2002: stesso giorno della finale dei mondiali tra il Brasile di Ronaldo e la Germania. È il Bhutan – tramite un’agenzia olandese – a invitare il Montserrat: le due nazionali di calcio sono agli ultimi posti della classifica Fifa (202° e 203°). Forse non sono neppure le squadre più scarse del pianeta, ma di partite ufficiali ne hanno disputate davvero poche, ed ecco spiegato il punteggio così basso. Si gioca a Thimpou, a 2.300 metri di altitudine, vette alle quali i caraibici non sono abituati. Non è però l’unico ostacolo al quale fare fronte, visto che arrivano in ritardo per il maltempo e mezza squadra si ammala per un’intossicazione alimentare. “L’altra finale” ispira un documentario, con i gialli – il Bhutan, appunto – a sollevare l’ambito trofeo di penultima della classe. È solo una partita, è vero. Ma è anche la testimonianza di come, in fin dei conti, ogni occasione sia buona per generare un incontro.

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