Il canto delle cicale, il quieto fluire delle acque dell’Adige e, oltre il fiume, il rumore del traffico della Statale 12. Benvenuti al piccolo cimitero di Gaium, nell’omonima località di Rivoli Veronese, incastonata tra le pareti rocciose di oolite, scavate dalle ultime glaciazioni quaternarie.
Per arrivarci, qui, occorre averne l’intenzione. Il camposanto si trova infatti in una posizione solitaria e suggestiva sulla sponda destra dell’Adige, raggiungibile percorrendo tutta via Croce Gaium. Si scorge dopo aver superato l’oratorio di San Michele, che sorge sulle fondamenta di una chiesetta del XII secolo; l’attuale, però, “fu ricavata nel 1951 nella sacrestia di una chiesa precedente, ben più grande, edificata nel 1562, scampata alla distruzione del bombardamento aereo del 21 aprile 1945”, si legge in una pubblicazione di storia locale (Chiese ritrovate tra Adige e Garda). È un punto di interesse per i pellegrini che percorrono il “Sentiero di Maria”, che sale al santuario della Madonna della Corona.
Il cimitero risale ai primi del XIX secolo. È racchiuso in una cinta muraria e vi si accede varcando un cancello di ferro battuto. La maggior parte delle sepolture, una settantina, sono rivolte verso l’Adige; l’ultima risale all’inizio di quest’anno, segno di un utilizzo che ancora persiste. I cognomi più frequenti sono quelli degli abitanti del posto: Castelletti, Dalle Vedove, Gandini, Desto, Gelmetti, Zanotti...
Come negli altri “cimiterini” visti finora, la stratificazione tra vecchio e nuovo si coglie al primo sguardo. Basta guardare la fattezza, i segni del tempo e soprattutto gli epitaffi per avere un’indicazione dell’epoca delle lapidi. Come sempre, quelle che catturano la nostra attenzione sono le più antiche, collocate sul muro di cinta.
C’è una figura femminile che si sorregge la fronte con una mano, in segno di strazio, appoggiandosi sulla lapide di Antonio Gandini, “morto nel Signore il 29.9.1920, d’anni 50, stimato da tutti; rapito da repentino interno malore lasciò nelle lagrime il vecchio padre, la moglie e i figli che inconsolabili Q. M. P. P. (abbreviazione per: questa memoria posero, ndr)”. Un angelo di pietra piange invece sulla tomba di Gaetano Dalle Vedove, morto nel 1934 a 32 anni, lasciando “la moglie Lucchi Rosa e due tenere bambine”.
Anche qui sono frequenti le formule di affetto (“i figli lagrimanti posero”), di fede (“passò a miglior vita”, “Dio ti ha scelta fra gli eletti”) e di riferimento alla malattia, sempre “cristianamente sopportata con rassegnazione”. Leggendo, s’incontra Paolo Sartori, “figlio amoroso e soldato esemplare”, classe 1901: “sopportò con coraggio il crudo morbo che lo colpì”. O Carlo Desto, morto a 56 anni nel 1907, a causa di un “lento e doloroso morbo”: volò in Cielo dopo essere stato “per molti anni assessore comunale e fabbriciere” noto per “semplicità di costumi e rettitudine di volere, onde a tutti si rese stimato e caro”.
Una curiosità: la foto, un po’ macabra, di una giovane sul letto di morte. Si tratta di Luigina Ottaviani, nata nel 1940 e spirata nel 1955 (non si sa per quale motivo): ai tempi le macchine fotografiche non erano così diffuse, probabilmente non ci fu modo di scattarle una foto in vita. Quante storie sepolte, dentro a un cimitero.
Il piccolo cimitero di Gaium, lambito dalle acque del fiume,
conserva al suo interno diverse sepolture che suscitano interesse
Il piccolo cimitero di Gaium, lambito dalle acque del fiume,
conserva al suo interno diverse sepolture che suscitano interesse
Il piccolo cimitero di Gaium, lambito dalle acque del fiume,
conserva al suo interno diverse sepolture che suscitano interesse
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