Maurizio, il donatore col sorriso che si fa in quattro per gli altri

Ha teso il braccio 165 volte, finché l’anno scorso si è trovato a riceverlo...

October 13, 2025

| DI Redazione

Maurizio, il donatore col sorriso che si fa in quattro per gli altri
Dare e ricevere. Nel suo caso, il sangue: ha allungato il braccio per ben 165 volte nel corso della sua vita Maurizio Bazzoni, classe 1952, compiendo con spontaneità e gioia questo gesto altruista e anonimo; finché lo scorso anno, per motivi di salute, si è trovato dall’altra parte, a ricevere delle sacche di sangue donate da degli sconosciuti, volenterosi come lui.
È stato presidente per tre mandati consecutivi dell’Asfa, l’Associazione donatori di sangue San Francesco d’Assisi, una delle tre associazioni di donatori di sangue che operano a Verona, insieme ad Avis e Fidas; nel 2024 questa realtà, che conta 650 donatori attivi, ha contribuito al fabbisogno di sangue con 1.100 donazioni.
– Maurizio, come ha iniziato a donare il sangue?
«Era il 1975; aveva cominciato mio fratello gemello Roberto e io ho seguito le sue orme. Ho avuto la fortuna di stare sempre bene e quindi ho tenuto un buon ritmo».
– Quante donazioni ha fatto in questi decenni?
«In tutto 165: ho donato regolarmente fino ai 65 anni; e una volta all’anno fino ai 70, visto che con la supervisione di un medico è possibile proseguire fino a questa età massima.Il giorno della mia ultima donazione è stato emozionante: sul lettino accanto al mio c’era una giovane ragazza che donava per la prima volta». 
– Poi si è trovato a essere ricevente, inaspettatamente...
«Già. Lo scorso anno ho avuto un problema al cuore, alla valvola mitrale, e sono stato ricoverato in ospedale. Da donatore sono quindi diventato ricevente: in quel momento ho pensato ancora con più convinzione che donare il sangue serve. Non sai per chi lo fai, ma è certo che questo gesto può salvare delle vite. Anche la mia».
– Cinquant’anni fa, quando ha iniziato la sua carriera di donatore, la raccolta sarà stata molto diversa rispetto a oggi...
«Può dirlo! L’Asfa è nata nel 1970 e io ho cominciato a donare nella sezione aperta a San Luca, nella mia parrocchia, dove mi sono dato da fare anche per promuovere il dono. Nei primi tempi usciva l’autoemoteca e si raccoglieva il sangue in flaconi di vetro; solo più tardi iniziò la raccolta negli ospedali, attraverso i centri trasfusionali. Prima organizzavamo noi donatori la raccolta, il sabato pomeriggio e tutta la domenica; ricordo che nel 1985 a San Luca battemmo un record: in una sola giornata furono raccolti 150 flaconi». 
– Uno slancio di generosità che forse ci vorrebbe anche oggi. Com’è la situazione? 
«Puntiamo molto sul coinvolgimento dei giovani, che sono un po’ più distanti dal mondo del dono, perché magari viaggiano molto oppure hanno dei piercing o dei tatuaggi e pensano che questi siano incompatibili con la donazione. In realtà comportano solo uno stop temporaneo, a tutela dei riceventi, ma poi si può riprendere a donare tranquillamente. Certo, è cambiato il modo di propagandare il dono: ai miei tempi c’era la carta, oggi ci sono i social... Ma il passaparola e l’esempio sono sempre efficaci e la sfida più grande resta quella di coinvolgere i giovani, anche per garantire il ricambio generazionale. L’Asfa stessa è evoluta per stare al passo con i tempi».
– In che modo?
«L’associazione si era costituita con lo scopo di “donare il sangue e devolvere il compenso in beneficenza per il bene inseparabile dei malati e dei poveri”; ora invece collabora con diverse realtà di volontariato di Verona e provincia, sostenendo le specificità di chi già si occupa a vario titolo di volontariato. Crediamo nel valore fondamentale del “dono circolare”: quando più associazioni lavorano insieme valorizzano reciprocamente i propri messaggi il risultato finale è molto più grande della somma delle singole parti».
– Cosa occorre per essere donatori?
«Bastano un po’ di tempo e di buona volontà. A ben vedere è un piccolo sacrificio, che viene ripagato anche dal fatto di tenere sotto controllo la propria salute».
– Se le chiedono: perché donare?, lei cosa risponde?
«Dico alla persona che me l’ha chiesto: guardati intorno, presta attenzione alle necessità che ci sono. Tu che scopi hai nella vita? Se fra i tuoi ideali c’è la solidarietà, allora considera il dono del sangue, è un gesto che ti arricchisce». 
– Lei il dono ce l’ha nel sangue, visto che è impegnato su più fronti, nel mondo del volontariato.
«Sono collaboratore della parrocchia di San Luca, ogni mattina mi si trova lì, ad aprire la chiesa alle 8; all’uscita da Messa invito le signore anziane al “Bazzobar”: facciamo due chiacchiere per contrastare la solitudine, uno dei mali del nostro tempo. Sono anche accolito e quindi entro nelle case dei parrocchiani per portare la comunione. Per la parrocchia mi do da fare dove serve: negli anni ho fatto di tutto, dalle pulizie della chiesa alla distribuzione dei pacchi alimentari con la San Vincenzo». 
– Prima della pensione, che lavoro faceva?
«Il fotografo. Sono figlio d’arte: mio nonno Albino avviò la bottega nel 1895; poi proseguì papà Raffaele. Io entrai appena finite le scuole medie: avevo 13 anni e per 40 anni questo è stato il mio mestiere, fino al 2008. Migliaia di persone sono passate dal negozio di via Roma e a me è sempre piaciuto fare i ritratti». 
– Sempre col sorriso sulle labbra...
«Sì. Lo stesso con cui ho affrontato la vita. Il mondo va veloce e le difficoltà ci sono in tutti i settori, volontariato incluso, ma non è inutile impegnarsi: ne vale sempre la pena».

Tutti i diritti riservati

!w-[42px] !h-[42px]
Sei un abbonato a Verona fedele e desideri consultare il giornale anche via web, sul tuo computer, su tablet o smartphone?
Lo puoi fare in modo rapido e gratuito. Ecco alcuni semplici passaggi per accedere alla tua edizione online e per installare l'App:

w-fullw-full