Se di fatto anche per la comprensione delle due precedenti cantiche, quella dell’Inferno e quella del Purgatorio, era necessaria una adeguata preparazione culturale, a maggior ragione lo è della terza cantica, che richiede conoscenze altamente teologiche e metafisiche. Chi ne fosse del tutto sprovvisto è consigliato di rinunciare all’impresa. Sarebbe come chi volesse attraversare l’oceano con una imbarcazione da diporto. Rischierebbe il naufragio: “O voi che siete in piccioletta barca, / desiderosi d’ascoltar, seguiti / dietro al mio legno che cantando varca, / tornate a riveder li vostri liti: / non vi mettete in pelago, ché, forse, / perdendo me, rimarreste smarriti”. Sembra quasi che Dante abbia previsto i vari critici della sua opera, dal De Sanctis al Croce, i quali, sostanzialmente agnostici, erano sprovvisti di elementi di teologia. Essi hanno ammirato in Dante la capacità di darci personaggi di grande valore statuario, come quelli dell’Inferno, mentre hanno sorvolato sui personaggi del Purgatorio e, evidentemente, hanno trascurato i personaggi del Paradiso. Non fa meraviglia. Per apprezzare un’opera d’arte occorre essere attrezzati adeguatamente. Dante però era convinto che almeno alcuni lo avrebbero capito anche nella cantica del Paradiso. Più volte, infatti, fa appello ai suoi lettori. Era certo che il suo “Poema sacro” non sarebbe rimasto, impolverato, racchiuso nelle biblioteche. Qualcuno di sicuro lo avrebbe letto e si sarebbe messo con lui in mare aperto, alimentandosi del pane degli Angeli, cioè della sapienza.
Fatta questa premessa, Dante avvia la sua ascensione verso i cieli. Descrive Beatrice con gli occhi fissi in alto, mentre Dante tiene i suoi fissi in quelli di Beatrice. Così, in modo impercettibile, si è trovato nel cielo della Luna, avvolto in una nube luminosa e densa. Il cielo della Luna è il primo dei nove cieli con cui Tolomeo, antico astronomo egiziano, aveva configurato il cielo. E lì Dante incontra una delicatissima figura femminile, quella di Piccarda Donati. La ritroveremo nella prossima puntata.
Per l’Anno giubilare almeno un suggerimento. L’uomo moderno dà credito alla tecnoscienza. La studia e, in genere, se ne appassiona. La ritiene come la soluzione di tutti i suoi problemi. In realtà non può incidere sulla vita interiore dell’uomo, che le è estranea. La vita interiore ha bisogno vitale di nutrirsi di fede autentica, che ha il suo habitat rigenerativo nella preghiera. Allora si sperimenta un lembo di Paradiso.