“I giorni che hanno cambiato la storia”: più volte è stata utilizzata tale espressione in questo periodo di anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1945). A 80 anni di distanza alcuni giovani “pretenderebbero” che questa espressione fosse associata anche al loro recente Giubileo.
Gli eventi in Giappone hanno lasciato un segno indelebile in quella gente e in tante coscienze convinte che quella lezione sarebbe servita per bloccare qualsiasi altra iniziativa bellica nucleare: la cronaca, purtroppo, smentisce tutto questo. Le riflessioni, i gesti, le parole, i sogni dei giovani del 2025 risultano una speranza imprescindibile per questa umanità che ha bisogno più che mai di qualcosa a cui aggrapparsi per non precipitare nell’abisso.
«È Gesù che cercate quando sognate la felicità»: papa Leone XIV ha ripreso queste parole pronunciate da Giovanni Paolo II durante la Veglia della Giornata mondiale della gioventù 2000 nello stesso luogo, Tor Vergata, quasi “cancellando” 25 anni di crisi economiche e guerre, integralismi religiosi e secolarizzazione, ritorno di paure e muri che sembravano superati.
I “soliti” hanno polemizzato sui social che non è un ritrovo come questo a cambiare il mondo. Ne siamo proprio sicuri? È vero: alcuni aspetti di questi giorni li possono vivere solo i giovani, come aspettare per ore la metro, dormire per terra, passare una notte all’aperto. Altri elementi, però, diventano una provocazione, in particolare per chi era giovane 25 anni fa, presente o meno a Tor Vergata.
Crediamo ancora nell’amicizia, che – prima ancora di essere stata argomento di una risposta di Leone XIV –, è stata ingrediente vivo di questi giorni? Questi giovani ci hanno ricordato che si tratta di una relazione che non è finta ed immaginaria – come nella sua falsa versione social – ma molto reale, fatta di accettare differenze e incomprensioni, attendere i tempi e i modi dell’altro, condividere fatiche, sogni e preoccupazioni.
Siamo ancora capaci di silenzio? Questa generazione ci ha insegnato che la questione vera è scoprire un motivo per cui vale la pena far tacere le proprie parole per lasciare spazio all’altro.
Stiamo puntando a qualcosa di grande? La sensazione è che, da adulti, ci stiamo accontentando di quelli che papaLeone XIV ha chiamato “surrogati”, avendo dimenticato i sogni giovanili, abitati da quel di più e meglio che loro stanno – fortunatamente – ancora cercando.
Abbiamo fatto pace con le fragilità, nostre e altrui, rispetto alle quali le nuove generazioni sembrano più mature di noi?