A Venezia c’è un delfino. O forse due. Il primo, con tanto di pinna caudale è stato chiamato Mimmo: da oltre un mese nuota nel bacino di San Marco. Gode di buona salute, ha fatto volontariamente questa scelta strana, si lascia avvicinare dalla gente, non ha lasciato la sua nuova area pure quando con i sonar – moderne sirene di Ulisse – hanno provato a farlo andare in mare aperto, verso sud. Mimmo, come ogni delfino, è intelligente, ha grande varietà e capacità comunicative, porta con sé la simbologia della prosperità e della possibilità di una rinascita.
Nel frattempo, le elezioni hanno deciso che a Venezia – non in laguna, ma a Palazzo Balbi – arrivi Alberto Stefani. Per alcuni, anche lui è un delfino secondo il significato politico dell’immagine. Inizialmente, era solo il soprannome di Ghigo IV, che visse tra la fine dell’XI secolo e il 1142; aveva nello stemma araldico proprio questo mammifero ed era il figlio del primo conte d’Albon, feudo nella zona sud di Vienne (nella regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi) che gli fu consegnato nel 1030 dall’arcivescovo dell’antica contea; il nord andò, invece, a Umberto Biancamano e divenne presto la Savoia. Con la famiglia che poi unificò e statalizzò l’Italia ci fu un lungo scontrò, tra dipendenza e autonomia, che lo distrusse.
Alla morte di Ghigo IV, il suo soprannome divenne un titolo – “Delfino del Viennois” – e quelle terre vennero dette Delfinato. Successivamente si usò questa espressione per dire il successore designato al trono o, comunque, al posto di potere.
Per alcuni, appunto, Stefani è stato scelto in quanto “delfino del doge Zaia”, ma sembra una semplificazione di una situazione molto più complessa.
Ciò che auguriamo al nuovo Presidente è, in ogni caso, di avere le caratteristiche del delfino (in entrambe le designazioni espresse) e quindi governare il Veneto con intelligenza; capacità di ascolto e di comunicazione; determinazione nel cogliere come effettivamente si può applicare l’autonomia, soprattutto in ambito sanitario; coraggio nel cercare di far risollevare le zone e situazioni più difficili del territorio; fermezza nel rimanere attento a questo ruolo senza lasciarsi troppo distrarre da inevitabili sirene romane.
Mi permetto anch’io di fare il delfino, giocando pur in situazioni serie: potrebbe decidere che dalle prossime elezioni lo stipendio dei consiglieri sia proporzionato al numero delle persone andate al voto. Allora, credo, ne vedremmo delle belle nel modo di scegliere i candidati e di essere attenti agli elettori.