Qui la lotta alla mafia non è una fiction
Arrivata ormai alla terza serie, Cose nostre presenta le vicende molto speciali di chi ha scelto di non consegnare o farsi derubare dei propri beni o della propria libera coscienza dalla mafia, da sempre chiamata in gergo “Cosa nostra”.
Arrivata ormai alla terza serie, Cose nostre presenta le vicende molto speciali di chi ha scelto di non consegnare o farsi derubare dei propri beni o della propria libera coscienza dalla mafia, da sempre chiamata in gergo “Cosa nostra”. Uomini e donne coraggiosi che raccontano in prima persona i fatti loro non tanto per mettere in piazza le proprie virtù, ma perché il loro percorso personale possa essere di esempio ad altri. Attraverso la viva voce dei protagonisti, supportata dalla visione di giornali e immagini di repertorio, si scopre un’Italia di gente comune e perbene che, radicata nei propri ideali di giustizia e verità, ha intrapreso una lotta aperta contro chi vive nell’omertà o sotto l’incubo della paura o della minaccia. I loro gesti fuori dal coro, in un ambiente spesso segnato profondamente dalle organizzazioni malavitose, sono frutto di un travaglio talora non ancora finito. La legalità può, infatti, essere ancora malvista da una fetta di persone che, per quieto vivere o per costrizione, si adattano a un modo di fare già consolidato per non avere problemi di sorta.
Il programma parla di storie nude e crude, non fa l’elogio di nessuno, né è mosso da intenti legati a qualche partito politico. La televisione, anche se in seconda serata, dà finalmente spazio non alle fiction ormai scontate e patinate sul fenomeno delle mafie locali, ma va a scoprire chi sta dall’altra parte e cerca, magari senza grande aiuto da parte delle istituzioni, la propria via per sconfiggere l’ingiustizia. L’intervistatore non si vede mai in volto, è il protagonista della puntata che per circa un’ora ha sempre la telecamera puntata su di sé, quasi a rinnovare quel gesto in cui con coraggio ha messo la propria faccia per voler sconfiggere lo status quo. In modo singolare e interessante, questi “eroi” del coraggio, mentre parlano di ciò che è loro capitato, non siedono su una comune poltrona, ma su un sostegno di fortuna in un luogo anonimo, quasi abbondonato. Non sono diventati potenti e famosi, bensì, in certi casi sono pure costretti a vivere sotto protezione, consapevoli che il loro futuro potrebbe già essere segnato.
Al telespettatore non resta che appassionarsi a un racconto emotivamente impegnativo e a interrogarsi sui motivi per cui queste storie riescono con fatica a raggiungere i mezzi della comunicazione di massa. Di fronte al trionfo del senso civico e dell’orgoglio di marcare la differenza dalla malavita, le cose loro diventano davvero cose nostre.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento