I cibi hanno un significato che va oltre il loro sapore
Cosetta Zanotti
Il pane di ogni giorno. Cinque storie da mangiare
(illustrazioni di Giuseppe Braghiroli)
Caritas Italiana - Città Nuova, Roma 2015
pagg. 24 - 3 euro
Fino a qualche decennio fa per mangiare un cibo tipico di una cultura e di un popolo si doveva necessariamente recarsi presso quel popolo. Oggi stando comodamente a casa nostra possiamo mangiare cibi provenienti dall’altra parte del pianeta. Effetti della globalizzazione si dirà. Con una piccola attenzione però: che a godere di questa globalizzazione sono solo i popoli ricchi visto che un abitante di un Paese del cosiddetto Terzo mondo non può certo permettersi di mangiare una specialità europea!
L’Expo ha riportato sotto i riflettori dei grandi mezzi di comunicazione il tema del cibo nei suoi due possibili e opposti sviluppi: quello di chi ne è così privo da morire letteralmente di fame e quello di chi ne muore per l’eccessivo consumo. Da una parte la società degli affamati, dall’altra quella degli obesi! Papa Francesco lo ha ricordato nella sua enciclica Laudato si’: oggi si spreca circa un terzo del cibo che si produce e questo spreco equivale ad un autentico furto commesso nei riguardi dei poveri.
Anche sull’onda di tutto ciò che l’Expo ha messo in moto, viene utile leggere Il pane di ogni giorno. Cinque storia da mangiare, il piccolo volume che Cosetta Zanotti, raccogliendo un progetto di Caritas Italiana, ha scritto per raccontare ai bambini (ma anche gli adulti impareranno molte cose!) l’origine, spesso leggendaria, di alcuni cibi dietro ai quali si nascondono significati che vanno ben oltre l’elemento naturale originale.
La leggenda polinesiana dell’Uomo Albero racconta della carestia che mise in pericolo la vita dei bambini e di un padre disposto a donare la propria per salvarli. È così che nacque l’albero del pane che oltre a salvare dalla fame le popolazioni del luogo divenne risorsa importante per la costruzione di case e imbarcazioni. Oppure, volando oltre l’oceano, chi l’avrebbe mai detto che uno dei cibi più apprezzati dai bambini sia arrivato grazie al regalo di un condor? La storia che proviene dal Messico narra che la fiducia nel grande dio condor Pachacamac si rivelò il tesoro più prezioso per gli uomini che scoprirono la patata. E ancora, per quale ragione alcune pannocchie sono colorate? Ce lo dice in modo fantasioso una leggenda che arriva dallo Yucatan (una regione del Messico). Con un po’ di ingegno e l’aiuto di un picchio, l’uomo scoprì che dentro una montagna inaccessibile si nascondeva il favoloso tesoro color dell’oro chiamato mais. Ma ancora più strabiliante è l’arrivo in Amazzonia della manioca o Yuca. La leggenda narra di una bambina tanto speciale quanto fragile. Si dice che anche Cristoforo Colombo abbia assaggiato la manioca in uno dei suoi viaggi. E per finire non poteva mancare l’Italia con la spassosa leggenda della nascita della panada o panà, uno dei piatti contadini più poveri e diffusi a base di pane raffermo e brodo. Cosa può mai accadere nell’incontro inaspettato tra un bambino e una gallina parlante?
Questi cibi e la storie che da essi hanno preso avvio sono portatori di un senso religioso e di una religiosità popolare che sarebbe sciocco sottovalutare o, peggio ancora, disprezzare. Un’analogia con tutto ciò è facilmente riscontrabile anche nella Bibbia. La manna non era forse il cibo misterioso dato in dono da Dio al suo popolo affamato durante la traversata del deserto? Grazie a questo cibo il popolo eletto non ha forse ritrovato la speranza per la terra promessa? E il Salmo 104 non dice forse così: “Tutti da Te aspettano, che tu dia loro cibo a tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono; apri la tua mano, si saziano di beni”?
La perdita di un cibo e del suo significato vale più del cibo stesso, vale il legame di intere generazioni, la memoria di un passato, la forza per guardare alla vita con speranza. Anch’essa, spesso, nutre come il pane.