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“Azzardopoli” che ci costa vite e 6 miliardi di euro

Umberto Folena
L’illusione di vincere
Ancora
pagg. 112 – 13 euro

Parole chiave: Umberto Folena (2), L'illusione di vincere (1)
“Azzardopoli” che ci costa vite e 6 miliardi di euro

“Noi italiani siamo i recordmen del gioco on line. Con appena l’1% della popolazione mondiale deteniamo una quota del 23% dell’on line globale. Quanto al nostro fatturato, esso ci pone al primo posto in Europa e al terzo nel mondo. Siamo strapieni di slot machine, ben 400mila, ossia una ogni 150 abitanti, con una densità seconda soltanto all’Australia. Come dire che la tentazione è a ogni angolo delle nostre città e dei nostri paesi. Non siamo noi ad andare al gioco, ma è il gioco a braccarci”.
Dati, fatti e analisi sull’enorme espansione del gioco d’azzardo: tutto ciò che bisogna sapere su questo mercato, cresciuto vertiginosamente negli ultimi 15 anni, è indagato da Umberto Folena nel suo ultimo libro, L’illusione di vincere. Il giornalista di Avvenire racconta con lucidità i danni provocati dall’azzardo, ma riporta anche storie di rinascita e prese di coscienza da parte di baristi, cittadini e organizzazioni, impegnati in campagne contro il proliferare dell’azzardo.
Di “giocoso” l’azzardo ha ben poco: i meccanismi che innesca sono analoghi a quelli delle droghe. Crea dipendenza, a discapito del lavoro, degli affetti, della vita. Con conseguenze devastanti: si stima che siano 800mila in Italia i giocatori patologici. Dati ufficiali dello Stato, anche se chi con il gioco ci guadagna si ostina a minimizzarli, ridimensionandoli a “casi rarissimi”, seimila in tutto.
Una guerra di cifre, e soprattutto, di interessi. L’azzardo è la terza impresa italiana dopo Eni e Fiat. Ciò spiega anche perché ci sia una grande pressione pubblicitaria: negli spot l’azzardo diventa un comportamento virtuoso, che addirittura fa tendenza e ha come testimonial personaggi famosi o squadre di calcio. Tutto il contrario di quello che servirebbe per arginare il gioco patologico, una malattia con un impatto sociale devastante e sempre più grave.
“L’azzardo colpisce ogni categoria sociale e ogni età, ma la maggioranza dei giocatori patologici hanno un basso livello di istruzione: i maschi cominciano da adolescenti, le donne aumentano dopo i quarant’anni; spesso l’azzardo si accompagna alla depressione, al fumo, all’alcol”, ricorda Folena. E, paradossalmente, meno soldi si hanno, più si punta (e si perde).
Lo Stato, nel frattempo, che fa? Intascherà buona parte della raccolta del gioco, si dirà. Invece no: a fronte dei circa 90 miliardi di euro di fatturato per il gioco legale (quello illegale è valutato in altri 10 miliardi), incassa ogni anno soltanto 8 miliardi di euro. L’erario infatti applica ai giochi delle aliquote diversissime, tanto che quelli con il fatturato più alto sono tassati di meno: le videolottery solo il 3%, il poker cash e i casinò on line addirittura lo 0,3%.
Otto miliardi nelle casse dello Stato non sono pochi, ma i costi sociali e sanitari causati dal gioco patologico (Gap) ammontano a circa 6 miliardi: il gioco vale la candela? È quanto si chiedono le associazioni e i cittadini impegnati a contrastare in tutta Italia, come tanti Davide contro Golia, la diffusione delle slot machine e dei gratta e vinci, che da soli ingoiano la maggior parte della spesa per l’azzardo (per cui, in media, ogni italiano “investe” 1.260 euro annui). Poi ci sono i baristi coraggiosi, che rinunciano agli introiti facili delle macchinette e incoraggiano altre forme di socialità. A denunciare il corto circuito di uno Stato che da un lato tollera il gioco e dall’altro deve curare chi di gioco si ammala, ci sono anche molti amministratori locali, che cercano di piantare dei paletti, ma vengono fermati quasi sempre da ricorsi al Tar.
In attesa di una nuova legge che regoli azzardopoli, gli italiani perdono e si impoveriscono, mentre il banco continua imperterrito a vincere.

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