Effetti del Coronavirus sulle locazioni commerciali
Tutti ricordiamo che l’11 marzo 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito il Coronavirus Covid-19 come pandemia. Il Governo italiano, dal canto suo, con diversi interventi normativi ha introdotto limitazioni alla libertà di circolazione delle persone ed ha disposto la sospensione di gran parte delle attività commerciali...
Tutti ricordiamo che l’11 marzo 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito il Coronavirus Covid-19 come pandemia. Il Governo italiano, dal canto suo, con diversi interventi normativi ha introdotto limitazioni alla libertà di circolazione delle persone ed ha disposto la sospensione di gran parte delle attività commerciali. L’emergenza sanitaria che ha coinvolto il nostro Paese ha quindi di fatto comportato una paralisi di diversi settori dell’economia nazionale. In una tale situazione, ci si è posti il problema dei possibili effetti delle misure governative sui contratti di locazione commerciale e soprattutto ci si è chiesti se il conduttore possa legittimamente omettere o sospendere il pagamento del canone nel periodo in cui il locale è rimasto chiuso, oppure se abbia la possibilità di rinegoziare il canone di locazione, divenuto non più sostenibile a causa della forte contrazione economica anche successivamente alla cessazione dell’emergenza. Al di là degli interventi normativi, tra i quali vi è il riconoscimento di un credito d’imposta alle imprese, rimane il problema dei costi fissi che l’imprenditore deve affrontare e quello della mancanza di liquidità. Ma soprattutto vi è da dire che le norme introdotte dal Governo non autorizzano il conduttore a sospendere od omettere il pagamento del canone, né tantomeno a rideterminare l’importo dello stesso. E allora è necessario verificare se le norme del Codice civile o la giurisprudenza consentano di giungere ad una soluzione diversa. Tuttavia, nemmeno tali norme consentono al conduttore di sospendere autonomamente o ridurre la propria prestazione. L’autosospensione del pagamento del canone non è una forma di autotutela prevista dal Codice civile ed è contraria alla buona fede contrattuale. È stato ritenuto più ragionevole pensare che il conduttore, a causa del rispetto delle misure di contenimento e diffusione del virus, possa invocare i rimedi del recesso dal contratto previsto dalle norme in materia di locazione commerciale e della risoluzione per eccessiva onerosità ai sensi dell’art. 1467 c.c., i cui effetti però comporterebbero la cessazione del rapporto, ma non consentirebbero di sospendere o ridurre il pagamento del canone. Una soluzione potrebbe giungere dall’applicazione dell’art. 1375 c.c. che prevede l’esecuzione del contratto secondo buona fede. In questo caso, il conduttore avrebbe il diritto di chiedere una modifica o un adeguamento del contratto facendo leva sul principio del ragionevole bilanciamento degli interessi di entrambe le parti contraenti. Tuttavia sul punto non resta che attendere risposta dalle pronunce giurisprudenziali che potrebbero applicare principi anche diversi da quelli richiamati. Un precedente importante è stata la sentenza del Tribunale di Venezia sul caso del negozio di abbigliamento di un noto centro commerciale. Tale negozio era rimasto con la saracinesca abbassata a causa del lockdown imposto dalle misure governative; il giudice ha stabilito che lo stesso non era tenuto a pagare il canone per i mesi di chiusura essendo il blocco dell’attività imposto da una causa di forza maggiore e non derivante da proprie responsabilità.
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