Quando lo Stato non tutela la sicurezza dei cittadini
Quella di cui parleremo oggi è l’Italia che ci piace di meno. Un tempo si diceva che il Bel Paese era terra di poeti, santi e navigatori. Oggi, purtroppo, anche di ingiustizie. Almeno a me così sembra. Ma cominciamo dai fatti. Anzi, da Arsiero, nel vicentino dove, fino a qualche giorno fa, viveva Ermes Mattielli...
Quella di cui parleremo oggi è l’Italia che ci piace di meno. Un tempo si diceva che il Bel Paese era terra di poeti, santi e navigatori. Oggi, purtroppo, anche di ingiustizie. Almeno a me così sembra. Ma cominciamo dai fatti. Anzi, da Arsiero, nel vicentino dove, fino a qualche giorno fa, viveva Ermes Mattielli.
La sua vicenda pubblica era iniziata nel 2006 e si è conclusa nei giorni scorsi. Ermes, che al momento della morte aveva 62 anni, era un invalido. Viveva con la protesi ad una gamba, una gamba di legno, come si dice con linguaggio rozzo. Nella vita si era ingegnato, nonostante l’handicap, facendo il rigattiere, ossia mettendo in piedi un deposito di materiale usato, che rivendeva guadagnandosi da vivere.
Ma nel suo deposito non entravano solo clienti. Molto spesso entravano i ladri per rubare. Esattamente come nel 2006, quando davanti a lui si materializzano due individui, decisi a portarsi via un po’ di roba. Sono due nomadi, che vivono di espedienti e di furti. Magari al loro Paese starebbero al fresco, come si dice in questi casi. E invece qui da noi sono liberi di continuare il loro lavoro. Lo chiamo esattamente così, perché sull’impunità del furto, dalle nostre parti sembra sia nata quasi una tutela sindacale. Male che vada, per un po’ li mandano agli arresti domiciliari, in attesa di riprendere la normale attività.
Comunque sia, quella volta, Ermes Mattielli non ci sta. Prende la pistola di cui nel frattempo si è dotato e scarica sulle gambe di quei due disgraziati quattordici colpi.
Non li ammazza, ma li ferisce, uno dei due gravemente, tant’è vero che oggi è considerato invalido al lavoro. A quale lavoro sia invalido, dati i precedenti, lo omettiamo per misericordia.
Preciso da subito che sono assolutamente contrario all’uso delle armi. Dipendesse da me le toglierei dalla circolazione tutte. La cronaca di questi giorni ci racconta di un ragazzo di diciotto anni che ha fatto fuori a colpi di pistola i genitori della ragazza con cui si accompagnava. Giusto perché non erano contenti che la figlia lo frequentasse. Ma è solo l’ultimo episodio di una catena che è un rosario di lacrime. Del resto basterebbe guardare cosa succede negli Usa, dove le armi sono vendute liberamente come i broccoli, per vedere quante morti si contano ogni anno col loro uso. Le armi, quando ci sono, prima o poi vengono usate, soprattutto quando le persone sono esasperate.
E qui comincia il rovescio della medaglia. Esattamente quello che è accaduto ad Ermes Mattielli.
Il cittadino si chiede: cosa devo fare se lo Stato non tutela la mia sicurezza, se i ladri mi entrano in casa e spesso mi lasciano mezzo morto, se non morto del tutto? Come devo reagire se uno viene a rapinarmi, salvo poi trovarlo sui giornali, condannato a qualche pena simbolica che non sconterà mai? Così deve averla pensata anche Ermes, quando decide di dotarsi di una pistola, per difendersi dalle continue intrusioni dei ladri.
Ma fu un pensiero tragico, visto col senno di poi. Poco tempo fa il tribunale di Vicenza lo ha condannato a cinque anni e quattro mesi di carcere, per duplice tentato omicidio, imponendogli un rimborso ai due ladri di 135 mila Euro, più le spese processuali. Detto, en passant, ma giusto come dettaglio insignificante, ai due nomadi sono stati comminati quattro mesi di galera. Quindi pena sospesa. Un’inezia, che non sporca neppure la fedina penale.
Per Ermes, dopo la sentenza del tribunale, era iniziato un sotterraneo calvario psicologico. Oltre la condanna, l’angoscia di dover vendere la casa per rifondere i due nomadi, la paura di una possibile vendetta da parte dei loro clan, l’esposizione mediatica, il dover rendere conto continuamente del perché della sua storia... Troppo per un uomo come lui. Troppo per un italiano qualsiasi, detto con il massimo rispetto. E così il cuore di Ermes ha ceduto. Per sempre. Travolto da italiana ingiustizia.