Non ci sono ancora le rondini ma qualche mandorlo fiorisce
Non me ne intendo granché di economia, anche se qualche volta mi cimento a parlarne. Nei giorni scorsi abbiamo tirato tutti un sospiro di sollievo quando l’Istat ci ha comunicato che anche in Italia si avverte qualche segnale di ripresa. Dati che potrebbero far sperare che la nostra economia abbia raggiunto il punto di boa, ossia una svolta al calvario in cui ci stiamo trascinando da alcuni anni. In particolare gli esperti ci fanno sapere che nel mese di dicembre sono aumentate le assunzioni...
Non me ne intendo granché di economia, anche se qualche volta mi cimento a parlarne. Nei giorni scorsi abbiamo tirato tutti un sospiro di sollievo quando l’Istat ci ha comunicato che anche in Italia si avverte qualche segnale di ripresa. Dati che potrebbero far sperare che la nostra economia abbia raggiunto il punto di boa, ossia una svolta al calvario in cui ci stiamo trascinando da alcuni anni. In particolare gli esperti ci fanno sapere che nel mese di dicembre sono aumentate le assunzioni. Novantatremila per l’esattezza, segnando un dato in controtendenza rispetto ai mesi precedenti. Davanti a questi numeri è però difficile fare salti di gioia. I dati sono così esigui e titubanti, che da soli non si impongono con rassicurante evidenza. Se giudizio positivo deve essere, va detto che questo dipende in gran parte dalla propensione caratteriale all’ottimismo, secondo la versione della bottiglia mezza piena. Novantatremila assunzioni sono un bel segnale, ma quanti erano i posti persi nei mesi di ottobre e novembre? Esattamente lo stesso numero. Comunque è bene che l’emorragia si sia fermata. A voler essere tignosi si impone però il confronto con il resto dell’eurozona. Là i segnali sono sicuramente più incoraggianti. La disoccupazione è scesa all’11,4%, contro l’Italia che boccheggia al 12,9%. Peggio di noi solo Ungheria, Cipro, Spagna e Grecia. Dati che, stando al detto sul male degli altri, in questo caso, né ci medica, né ci consola. Eppure l’ottimismo ci impone di guardare avanti con fiducia. In nostro soccorso è arrivato anche il calo della benzina. Gli esperti dicono che potrebbe andare avanti ancora per un paio d’anni. Il governo aveva pensato di aumentarci le accise per fare ulteriore cassa, ma poi giudiziosamente ha capito che la faccenda si sarebbe trasformata in un harakiri, ossia un suicidio per l’economia. Tra i motivi che ci spingono a guardare al futuro prossimo con una certa fiducia si aggiunge poi la svalutazione dell’euro, rispetto al dollaro. Magari ai turisti la cosa andrà un po’ di traverso, ma per la produzione destinata all’estero la cosa ha il sapore di una manna. Meno pagano col dollaro e più comprano, e più comprano, più le nostre aziende girano. Forse dipende in gran parte anche da questo fattore se a dicembre l’occupazione è tornata a crescere. Segnale positivo, che troverà una buona spintarella non appena le imprese potranno beneficiare della riforma voluta da Renzi con il Job Act. Tra i politici e i sindacalisti c’è ancora qualche “musso” che continua a ragliare contrariato, ma se ne farà una ragione, soprattutto guardando all’evidenza dei fatti. Unico neo in questo scenario di fiducia è dato dal Meridione che non riesce a decollare. Giù, i giovani migliori vanno all’estero e il 20% dei ragazzi si ferma alla terza media, decretando di fatto una situazione di impoverimento sociale oltre che culturale. Un dato che travasa poi nel tragico vezzo dell’assistenzialismo parassitario, quello che succhia denaro pubblico e non aiuta a piegare la schiena.
Il vitalismo del Presidente del Consiglio sforna ogni giorno proclami di iniziative rivoluzionarie. Speriamo che anche per lui valga quello che vale per chi predica, ossia che si impara mentre si insegna agli altri. Detto fuori metafora, la speranza è che i fatti maturino più abbondanti delle promesse. Tanto più che l’elezione di Mattarella ci ha un momento distratti dai tanti pensieri, lasciandoci una nota di ottimismo. Se il buon giorno si vede dal mattino...