La lezione che ci viene dai fatti della Germania
Mentre stendo queste note, le denunce arrivate alla polizia per gli abusi e le violenze subite in Germania dalle donne tedesche la notte di Capodanno sono oltre cinquecento. Il ministro di Giustizia fa sapere che si tratta di episodi gravissimi compiuti da immigrati o profughi dell’ultima ora, di religione islamica, messi in atto con chiara intenzionalità...
Mentre stendo queste note, le denunce arrivate alla polizia per gli abusi e le violenze subite in Germania dalle donne tedesche la notte di Capodanno sono oltre cinquecento. Il ministro di Giustizia fa sapere che si tratta di episodi gravissimi compiuti da immigrati o profughi dell’ultima ora, di religione islamica, messi in atto con chiara intenzionalità, ossia con la volontà di far sapere alle donne delle nostre parti di quale pasta sono fatti i maschi dell’altra parte. Biglietti e messaggi, pieni di slogan e volgarità, scritti in arabo e tedesco, sono lì a testimoniare che gli episodi non possono essere ricondotti soltanto a qualche pinta di birra di troppo, o ad una accelerazione ormonale, sottolineata dai botti.
Se questi sono i fatti è arrivato il momento di cominciare a valutare le cose insieme e trovare soluzioni concordi. Tradotto: è ora di finirla di guardare le cose con occhiali diversi, per strumentalizzarle a fini di bottega. A sinistra gli occhiali del politicamente corretto, quello dei buoni, che parlano di accoglienza, integrazione, laicità spinta fino alla soppressione dei nostri simboli religiosi per rispetto della diversità... Principi bellissimi, ma che spesso, alla prova dei fatti, si riducono ad essere come una passata di fondotinta, giusto per aggiustare il colore smunto di politiche che parlano di cose belle non avendo il coraggio di guardarsi allo specchio. A destra i cattivi, quelli della tolleranza zero, del rifiuto a priori, della militarizzazione del territorio per difendere i cittadini, della sicurezza garantita, delle espulsioni come i bossoli... Slogan spesso irrealizzabili ma che fanno tanta presa sulla pancia della gente, quella che ha diritto a vivere tranquillamente nelle proprie case.
Se i fatti sono realmente come ce li raccontano dalla Germania, guardare insieme con gli stessi occhiali obbliga ad un cambio di pensiero e di scelte. Ne suggerisco due, tre.
Primo. Bisogna dare un giro di vite a quella cultura pseudo-tollerante che tende a derubricare i reati al ruolo di ragazzate. Soprattutto quando di mezzo c’è la donna e la diversità. E questo deve valere per gli immigrati. Ma anche per gli europei e soprattutto per le nuove generazioni. Gli adolescenti sanno benissimo come giocare la carta della loro impunibilità legata alla minore età. Ma sulle donne e sul mondo omosessuale non è possibile accettare di tornare indietro con la storia. Ci abbiamo impiegato secoli per uscire dalla cultura del machismo, del delitto d’onore, della fuitina con le ragazzine… per permetterci di regredire a livelli di cultura con i quali non vogliamo più identificarci. Su questi temi non si chiude un occhio. Si fa tolleranza zero.
Secondo. L’Islam è una realtà complessa, con anime diverse e sensibilità diverse. Oso dire qualcosa di politicamente scorretto: nell’Islam troviamo tante persone buone, mentre è difficile parlare di un Islam buono, nel senso che in giro ne troviamo tante versioni quante quelle della pasta italiana nei supermercati. Ma in tutto l’Islam la donna, sia pure con accentuazioni diverse, patisce ancora una condizione di minorità. Ed è all’Islam in generale che vogliamo dire di sincronizzarsi con gli orologi della storia, perché noi su questi temi non siamo disposti né a camminare con lo stesso passo, né ad aspettarli sui ritardi dei loro binari senza destinazione. Lo dobbiamo dire da destra e da sinistra passando per il centro. E questo sarà l’unico vero modo per aiutarli, evitando di strumentalizzarli per altri scopi.
Infine vorrei chiedere a tutti i responsabili del bene comune, dal sindaco del più piccolo paese d’Italia fino al Capo dello Stato, passando dai magistrati, di non fare sconti sul rispetto dei nostri principi costituzionali, che discendono direttamente dalla nostra cultura cristiana, benché laici. Chiudere un occhio non è tolleranza. È creare le premesse per un caos sociale imprevedibile da consegnare alle future generazioni.