La grande umanità di Francesco parla anche nei gesti di stizza
Dite quel che volete, ma nessun Papa prima di Francesco era mai riuscito a comunicare come sa fare lui. Con le parole e coi gesti...
Dite quel che volete, ma nessun Papa prima di Francesco era mai riuscito a comunicare come sa fare lui. Con le parole e coi gesti. Andate a rileggervi cosa ha detto sulla donna, il primo giorno dell’anno. Parole da mandare a memoria, da insegnare alle nuove generazioni, da commentare in famiglia, da riproporre in qualche annoiata riunione parrocchiale... Parole di una semplicità che non ha bisogno di teologi e di ermeneuti, finendo per complicare il tutto come spesso accadeva in passato. Già, perché papa Francesco è fatto così. È, cioè, capace di arrivare al cuore della gente, parlando il suo stesso linguaggio: semplice, riflessivo, acuto e soprattutto pieno di immaginazione, nello stile delle parabole che attingono dalla vita.
Ma spesso sono i gesti a imporsi sulle parole e ad avere la ribalta della cronaca. È accaduto anche l’ultimo giorno dell’anno, quando passando a piedi tra la folla per Piazza San Pietro, è stato letteralmente afferrato da una signora che sembrava volerselo accaparrare come reliquia. La reazione stizzita di papa Francesco è diventata virale facendo il giro del mondo. Due sberle sulle mani giusto per liberarsene e poi il volto seccato per il fastidio subito. Forse lui stesso si è rivisto in qualche frammento su YouTube, tanto da chiedere scusa, durante l’Angelus del giorno dopo, per il cattivo esempio della pazienza persa.
Sul perché della reazione del Papa si è versato tanto inchiostro. Ha temuto di cadere, si è detto, gli ha fatto male l’anca, ha percepito il gesto come prevaricazione egoistica, detesta gesti di venerazione idolatrica, che sanno tanto di feticismo... Tanti perché per trovare una giustificazione con cui coprire il disappunto di un Papa. E se invece di rovistare nella dietrologia andassimo su una motivazione molto più semplice e banale, puntando alla sua umanità, fragile e forte nello stesso tempo?
Francesco da tempo ci ha abituato a togliere il Papa da quel guscio di sacralità in cui la tradizione lo aveva imbalsamato. A forza di sottolineare il suo ruolo di vicario di Cristo sulla Terra, si è finito per consegnarlo ad una dimensione eterea dove la sua umanità veniva sacrificata al ruolo teologico della sua funzione. Un re lontano e inaccessibile ammantato di nobiltà spirituale fino a sfumare, nei contorni della vaghezza, la sua realtà personale.
Anche in questo Francesco si sta rivelando uomo del Vangelo, aiutandoci a riscoprire quella umanità di Gesù che solo i vangeli apocrifi, e non quelli veri, hanno tentato di nascondere o di simulare. Il Gesù che si arrabbia con i dottori della legge, che sferza i mercanti del tempio, che piange, che si presta alle critiche di parenti e nemici, che frequenta prostitute, beoni e mangioni, che usa parole forti, che scappa... facendo trasparire un’umanità che bisticcia con l’idea di un Dio, perfezione formale, ma lontano dalle creature.
È questo Gesù che Francesco ci restituisce, fatto di passioni, di sentimenti, di tenerezza, di abbracci... Il Gesù che tutti vorremmo incontrare, anche attraverso il volto scocciato di un suo vicario, capace di dire al mondo che l’Eterno vive dentro la nostra fragile umanità.
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