Il valore di un tenero bacio dentro le macerie umane
Non ti passa nemmeno per la mente che qualcuno possa infilarsi lì dentro, quando con l’auto imbocchi il sottopassaggio vicino alla piazza della Croce Rossa a Roma. È come entrare in un budello dove il resto del mondo sparisce, quasi spinti da una forza misteriosa che ti sputa fuori dall’altra parte...
Non ti passa nemmeno per la mente che qualcuno possa infilarsi lì dentro, quando con l’auto imbocchi il sottopassaggio vicino alla piazza della Croce Rossa a Roma. È come entrare in un budello dove il resto del mondo sparisce, quasi spinti da una forza misteriosa che ti sputa fuori dall’altra parte. Neppure il telefono funziona più quando sei là sotto e tanto meno pensi che qualcuno possa eleggere quello spazio, saturo di smog e di rumori assordanti, a luogo in cui trovare riparo e un po’ di intimità.
Ma non per Norma Maria Moreira Da Silva, brasiliana di 49 anni. Da tempo, spinta dalle avversità della vita o per scelta personale era finita a vivere sulla strada. La stazione Termini è piena di questi disperati che, appena comincia l’inverno, te li ritrovi accartocciati in stracci e cartoni per salvarsi dai rigori della notte.
La fretta, ma ancor più l’indifferenza, ti portano a passare oltre nelle strade di Gerico dei nostri tempi, quali sono diventati molti angoli delle nostre città. Al massimo, quando li vedi, pensi a degli sconfitti della vita e ti verrebbe da dire che, in fondo, se la sono cercata. Quasi mai ti fermi a pensare a cosa possa essere accaduto e perché una persona abbia scelto di consegnarsi alla strada. E tantomeno pensare a cosa possa passargli nella mente e nell’animo quando i suoi occhi incrociano i tuoi e tu fingi di non vedere, ma solo per chiudere la porta a qualsiasi forma di comunicazione. Eppure è proprio nell’intimo di quelle vite sbandate che ancora sopravvivono schegge di umanità e di tenerezza, a volte impensabili e che ogni tanto affiorano, magari dietro la cronaca nera di vicende dolorose.
Norma Maria l’hanno trovata morta qualche giorno fa, proprio nel sottopassaggio. Era nuda, il cranio fracassato e una pozza di sangue che le faceva da letto. A ridurla in quelle condizioni un altro senza tetto. Sono stati i clochard della stazione Termini a dare le indicazioni per arrivare a individuare l’assassino. Lei desiderava un po’ di tenerezza e gli aveva chiesto di seguirla negli abissi di quello che si sarebbe trasformato in un girone dell’inferno.
Nell’intimità gli ha chiesto un bacio. Semplicemente un bacio, quello che ha il sapore di un momento di comunione vera e di umanità. Un bacio, a prova di quella sensibilità femminile che chiede amore prima dell’amore da fare. Ma tanto è bastato per decretare la propria morte. Perché il suo assassino ha visto in quella richiesta un pericolo mortale. Quello d’essere contagiato da possibili malattie che gli poteva lasciare quella stracciona. Una precauzione igienico-sanitaria, che ha scatenato la sua follia omicida. Una follia tanto illogica quanto incoerente, se solo avesse pensato a quali rischi sanitari si espone ogni giorno la vita di un clochard. Ciò che rimane alla fine, resta comunque il valore di un bacio. Richiesto e negato. Ma pur sempre simbolo di un’umanità tenera che sopravvive nelle macerie dell’esistenza.