Il dramma inaccettabile delle ragazzine prostitute
Torno ancora una volta su un dramma inaccettabile, perché ogni giorno a macchia di leopardo, da Nord a Sud passando per il Centro, sta venendo alla luce il letamaio d’Italia. Frotte di ragazzine, a partire dai 14, 15 anni che si prostituiscono con attempati signori per poche decine di euro. Tra i gestori di questi giri anche penosi ultraottantenni...
Torno ancora una volta su un dramma inaccettabile, perché ogni giorno a macchia di leopardo, da Nord a Sud passando per il Centro, sta venendo alla luce il letamaio d’Italia. Frotte di ragazzine, a partire dai 14, 15 anni che si prostituiscono con attempati signori per poche decine di euro. Tra i gestori di questi giri anche penosi ultraottantenni. Difficile immaginarli come consumatori. Di sicuro a corto di olfatto davanti all’afrore dei trenta denari con cui comprano il corpo di queste bambine. Si era partiti da Torino, ma ora tutti i giorni si scopre che nessun angolo del Paese ne è esente, segno che il fenomeno sta diventando fatto di costume e non soltanto vergogna episodica. Cosa sta succedendo, si chiede sconvolto chi ancora possiede un briciolo di coscienza?
Il pericolo è quello di spostare le colpe sulle spalle di qualcuno, evitando di guardare in faccia il problema. Di fatto sono tante le ragioni che stanno a fondamento di questa patologica degenerazione. A cominciare da una esaltazione del potere di acquisto, come se fossero solo i soldi e le cose che con essi si possono procurare a giustificare una vita definita bella. È chiaro che se la griffe diventa indispensabile per sentirsi accettati, va da sé che tutte le strategie per procurarsela diventano legittime. Ma è a questo punto che il cronista diventa impertinente. Se tua figlia di 14 anni ti dice di aver passato un weekend con l’amica del cuore ma ti ritorna a casa con la borsetta firmata, vestiti da passerella e nella borsa scarpa tacco 12, tu come genitore o sei complice o sei stupido.
Non voglio criminalizzare le famiglie, ma sarebbe ora che i genitori cominciassero a mobilitarsi senza continuare a piangersi addosso come degli sfortunati capri espiatori. Poi però sarà opportuno andare ad esplorare altri filoni di indagine. Il primo è quello della produzione mediatica di pornografia che viene servita come contorno ad ogni momento della giornata. Spesso ammantata sotto la cipria della emancipazione culturale, molto più spesso ricoperta della coltre volgare di una sessualità ridotta ad esercizio fisico, svuotato di sentimenti e di responsabilità. Ed è su questo fisicismo che l’erotizzazione culturale ha portato le nuove generazioni, erodendone l’anima e il futuro.
Sarebbe poi utile chiederci se un Paese civile alle prese con un fenomeno nuovo di questa portata non dovrebbe mettere mano a gravissime restrizioni penali. Non si capisce perché se un prete tocca un ragazzo è un pedofilo, da condannare giustamente al ludibrio e a pesanti condanne, mentre se questo lo fa un cinquantenne della Torino bene con una ragazzina di 14 anni se la cava con due anni con la condizionale e la dorata protezione dell’anonimato. È anche da questa sostanziale impunità che si alimenta il mito della donna oggetto e il diritto del maschio a cacciare la preda.
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