Dietro i femminicidi c’è l’eclissi morale
Ormai ammazzare le donne è diventato uno sport per maschi che vorrebbero far credere d’essere anche uomini. Si ammazza così, tanto per far fuori una persona sospettata di infedeltà, perché ti ha detto che non è più innamorata di te e ha deciso di lasciarti...
Ormai ammazzare le donne è diventato uno sport per maschi che vorrebbero far credere d’essere anche uomini. Si ammazza così, tanto per far fuori una persona sospettata di infedeltà, perché ti ha detto che non è più innamorata di te e ha deciso di lasciarti. A volte si ammazza perché non è più disposta a spaccarsi la schiena per mantenere i tuoi ozi e i tuoi vizi, oppure perché non è più disponibile a subire la violenza con cui la spadroneggi. Carnefici cresciuti nel fisico, ma malati di nanismo psicologico e morale che trattano le donne come prede dentro una riserva di caccia in cui esercitano il bracconaggio.
È difficile dire perché siamo arrivati a questo punto. Era l’altro ieri quando si rinfacciava alla Chiesa di mettere in circolazione i virus dei tabù e del maschilismo, condannando la donna ad essere una Cenerentola, senza scarpetta e senza principe. E allora via alla... derattizzazione di quei tabù. Le femministe ci hanno urlato in faccia d’essere le proprietarie del loro utero, proclamando la fine di tutte le ingiustizie. Sembrava insomma che bastasse un niente per approdare alla tanto agognata emancipazione. Magari cambiando solo il linguaggio, come se la salvezza della donna passasse da una riforma del vocabolario. Nei giorni scorsi una comunità luterana ha riproposto un tema vecchio come il cucco, ossia l’eliminazione dalla lingua parlata di tutti quei termini, riferiti a Dio, che lo qualificano al maschile: padre, signore, creatore... In attesa di conoscere quale futuro è riservato alla Madonna in nome della par condicio, forse è meglio chiederci se non ci siano ragioni più profonde alla base di questa devastante piega che sta prendendo il destino della donna.
Le cause sono molteplici, ma penso che non ultima sia anche il venir meno di un orizzonte cristiano, in cui la persona ha un valore sacro e trascendente. Se qualche volta, facendo torcere il naso a qualche pacifista poco pacifico, ci ostiniamo a parlare di millenaria civiltà cristiana non è certo per rivendicare primati culturali o privilegi sociali. È più semplicemente per tornare ad affermare che solo restituendo alla persona il suo valore trascendente, quello che ci viene dalla Parola rivelata, potremo sottrarla a quel biologismo zoologico per cui un essere umano vale come qualsiasi altro animale. E qualche volta anche meno. Il tutto in un sentire diffuso in cui si esaltano i sensi e il loro soddisfacimento, dimenticando che, oltre ai sensi, abbiamo bisogno di senso. L’ebbrezza di un’auto potente rischia di trasformarsi in dramma se non sappiamo dove andare e come usarla. E dare senso alla vita e alle persone è ripartire dal profondo rispetto per la sacralità che esse hanno. Credere che basti la legge per arginare il fenomeno è parziale ed è domandare all’esterno ciò che deve fiorire prima di tutto all’interno delle coscienze, le uniche che consentono di vedere con occhi nuovi il mondo e chi lo abita.