Con una stretta di mano finisce la guerra fredda
Mentre la Turchia, dimostrando d’avere una coda di paglia lunga e larga come un’autostrada, se la prende col Papa perché ha ricordato al mondo che un secolo fa ha sterminato un milione e mezzo di armeni, in quanto cristiani, dall’altra parte del mondo due uomini, sempre grazie alla mediazione di papa Francesco, mettono fine ad una guerra fredda, durata quasi settant’anni...
Mentre la Turchia, dimostrando d’avere una coda di paglia lunga e larga come un’autostrada, se la prende col Papa perché ha ricordato al mondo che un secolo fa ha sterminato un milione e mezzo di armeni, in quanto cristiani, dall’altra parte del mondo due uomini, sempre grazie alla mediazione di papa Francesco, mettono fine ad una guerra fredda, durata quasi settant’anni.
Era il 17 maggio 1959 quando Fidel Castro portò a compimento la rivoluzione comunista, mettendo fine allo sfruttamento dell’isola da parte degli Usa, i quali avevano sul posto il monopolio del petrolio, delle centrali elettriche, della telefonia, della canna da zucchero e di ogni ben di dio che si potesse pensare.
Di lì a due anni, il mondo trattenne il respiro quando vennero installati sull’isola i missili nucleari russi, puntati contro l’America del Nord. La vicenda passò alla storia come l’episodio della Baia dei Porci e solo per un miracolo del Cielo fu evitata una terza guerra mondiale nucleare.
Poi, come conseguenza, sarebbe arrivato, da parte degli Usa e dei suoi alleati, un embargo strangolatore, il blanqueo, come lo chiamano da quelle parti. Cuba sembrò regredire economicamente come fanno i gamberi, mentre cresceva sempre più forte l’orgoglio nazionale, accompagnato da un tasso di scolarizzazione tra i più alti al mondo.
Molti cubani rimasero volenti o nolenti in questa nuova situazione, mentre molti altri tentarono la fuga dall’isola facendo ricorso ad ogni mezzo, quasi sempre con zattere da letteratura salgariana. La meta erano le coste della Florida dove si sarebbe insediata una numerosa colonia di esuli. Molti ce la fecero, ma molti finirono in pasto agli squali che, da quelle parti, sembrano più numerosi e affamati che in altre parti del mondo.
Questa situazione che di fatto spaccava i legami tra l’America del Nord e quella del Sud, avrebbe favorito, e non poco, proprio al Sud, la nascita di regimi comunisti durissimi e spietati, oppure di regimi totalitari, ormai affrancati da qualsiasi controllo della più grande potenza mondiale. In tutti c’era il desiderio di differenziarsi da quella che veniva considerata la patria del capitalismo corrotto e corruttore.
Ci voleva un Papa sudamericano per portare avanti la politica della ricucitura, non solo tra Cuba e Usa, ma tra l’America del Nord e quella del Sud. Del resto l’ha detto con grande chiarezza lo stesso Obama, invitando a mettere insieme le energie per nuove forme di collaborazione. Non quindi un gesto distensivo solo verso l’isola di Cuba, ma un progetto a più largo raggio, per disegnare scenari nuovi di politica internazionale, dentro la geografia del continente americano.
Del resto lo stesso Venezuela, privo di un capo carismatico come Chavez, per non parlare dei regimi fiacchi di Bolivia ed Ecuador, o delle poco amate presidentesse di Argentina e Brasile, tutti potrebbero avere interesse ad una nuova politica distensiva, sia per incrementare gli affari, ma anche per combattere il narcotraffico e la delinquenza dilagante che tiene banco da quelle parti.
La stretta di mano tra Raoul Castro, fratello del decrepito Fidel, e Barack Obama segna qualcosa di più di un gesto di riavvicinamento tra due Stati un tempo nemici. In qualche maniera è un segnale di primavera che preannuncia, sia pure con i tempi e con la prudenza esigita in questi casi, un rimescolamento delle carte sullo scenario politico ed economico delle Americhe. Un fatto di cui l’Europa deve tenere conto, guardando lontano. È vero che la pace per ora è poco più di una stretta di mano, ma è anche vero che è sempre un fiore di mandorlo ad annunciare l’arrivo della primavera.