Il Fatto di Bruno Fasani
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Cari pellegrini, occhi aperti se viaggerete in treno...

Considerate queste righe come una nota di servizio, se mai potessero tornarvi utili, magari per un viaggio a Roma in occasione del Giubileo.

Parole chiave: Il Fatto (446), Bruno Fasani (355)
Cari pellegrini, occhi aperti se viaggerete in treno...

Considerate queste righe come una nota di servizio, se mai potessero tornarvi utili, magari per un viaggio a Roma in occasione del Giubileo.
È domenica scorsa. Come succede di frequente, scendo a Roma per essere in Rai il mattino dopo. Un viaggio assolutamente tranquillo con un treno ad alta velocità. Sulla cappelliera, sopra la mia testa, metto il giaccone e lo zainetto. Sul tavolino l’IPad, il cellulare e un libro. Un po’ scrivo, un po’ leggo, un po’ sonnecchio. A dispetto dei tanti ritardi di cui sentiamo ogni giorno, il viaggio fila via liscio che è un piacere. In perfetto orario arriviamo a Roma Tiburtina, quando il treno ferma per due, tre minuti. Ancora altri cinque e saremo finalmente a destinazione. Mi alzo per prepararmi. Prendo il giaccone e, con mia sorpresa, scopro che lo zainetto non c’è più. Chiedo intorno se qualcuno per caso lo avesse notato. Esterrefatti mi dicono che sì, effettivamente, è passato un giovane che sembrava di fretta. Ha preso lo zaino ed è sceso. Tutti convinti che fosse suo, tanto era spontaneo il gesto con cui lo aveva prelevato.
Arrivo a Termini quando sono le 21.45. Mi reco al Comando di Polizia. Fuori, con un’aria gelida che ti pela, sosta un gruppo di turisti inglesi. Mi dicono che sul treno (diverso dal mio) sono stati derubati dei bagagli. Suono il campanello. Mi rispondono di mettermi in coda e aspettare il mio turno. Dopo un po’ escono due poliziotti che il loro turno lo hanno terminato. Io sono al telefono con una persona che ho avvisato dell’accaduto e che ascolta in diretta la conversazione con i due.
«Non stia qui al freddo – mi dicono –, vada in hotel subito, anche perché tra poco il piazzale davanti alla stazione sarà terra di nessuno e allora rischia di prendersi una botta in testa e di farsi portare via quello che non le hanno rubato sul treno». Queste le parole esatte.
Il giorno dopo torno al Comando per la denuncia. Non che mi aspetti chissà che, però se trovano qualcosa in un cassonetto, magari mi avvisano… Al citofono mi dicono che sono impegnati e mi consigliano di passare più tardi. Faccio presente che ho il treno che parte. «Ecco, faccia la denuncia all’arrivo», mi suggeriscono sussiegosi. Li prendo in parola.
Arrivato a destinazione, ci provo. Inutile attaccarsi al campanello della Polfer. Non c’è nessuno, mi diranno poi. Nell’androne, tre poliziotti girano ispezionando l’ambiente. Chiedo loro come fare per esporre il mio caso. «Si rivolga in Questura – mi suggeriscono –, là le sapranno dire dove e quando andare». Rinuncio e me ne torno a casa.
Ah, dimenticavo. Alla stazione di Firenze sale sul treno un ragazzo. Chiede ai presenti venti euro per comprarsi il biglietto per tornare ad Arezzo, asserendo che gli hanno rubato zaino e soldi. Lo riconosco. È la terza volta che lo vedo recitare questa scena. Gli dico facendomi sentire da tutto lo scompartimento che la finisca di prendere in giro la gente e, soprattutto, che la smetta, finché è in tempo, di fare l’accattone per procurarsi una dose. Mi guarda con occhi spiritati e mi dice: «A lei che gliene frega?». Temo mi arrivi in faccia un montante, ma mi va di c…
Morale della favola: occhi aperti se viaggiate in treno.

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