Editoriale
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Un anno giubilare che non vuole escludere nessuno

C’è una linea, e possiamo rintracciarla fin dagli albori del suo pontificato, che appare sempre più definita nel papato di Francesco. È quella della misericordia. Un tema che egli declina con la grammatica dell’inclusione. Tradotto in parole più semplici – e quali meglio delle sue? –: realizzare una riforma missionaria della Chiesa che la renda capace di incontrare ogni povertà e periferia per portare ad esse il Vangelo della misericordia...

Parole chiave: Anno Giubilare (6), Editoriale (407), Origano Stefano (2)

C’è una linea, e possiamo rintracciarla fin dagli albori del suo pontificato, che appare sempre più definita nel papato di Francesco. È quella della misericordia. Un tema che egli declina con la grammatica dell’inclusione. Tradotto in parole più semplici – e quali meglio delle sue? –: realizzare una riforma missionaria della Chiesa che la renda capace di incontrare ogni povertà e periferia per portare ad esse il Vangelo della misericordia.
Nulla di quanto fa e dice papa Francesco si può dare per scontato. Così nella lettera inviata il 1° settembre a mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, troviamo tra le disposizioni per coloro che desiderano ottenere l’indulgenza una novità: “Desidero – dice Francesco – che la grazia giubilare giunga per ognuno come genuina esperienza della misericordia di Dio, la quale a tutti va incontro con il volto del Padre che accoglie e perdona, dimenticando completamente il peccato commesso” e di seguito fa un elenco dei principali destinatari.
Prima di tutto i malati, poi i carcerati, coloro che hanno procurato l’aborto e infine una mano tesa ai lefebvriani della Fraternità di S. Pio X.
Leggendo la lettera sono andato con i ricordi alle mie prime esperienze in confessionale subito dopo l’ordinazione sacerdotale. Quando una mamma in lacrime ha incominciato a raccontarmi la sua storia e come è giunta a decidere di abortire, ho cominciato a sentire il cuore palpitare e le gambe tremare. Fresco di teologia e diritto canonico, ma ancora poco fornito di esperienza pastorale, mi sono sentito impotente. Io non potevo dare l’assoluzione perché l’aborto è un peccato che comporta anche una scomunica e può assolverlo solo il Vescovo o un suo delegato. Ho cercato di rasserenarla, di farla sentire accolta e compresa però gli ho fatto presente che la confessione richiedeva un secondo appuntamento e nel frattempo io avrei richiesto al mio Ordinario la facoltà di assolverla. Purtroppo quella persona non l’ho più vista, né sentita. Quando in seguito ne ho parlato con i miei superiori, mi hanno quasi rimproverato per la mia eccessiva prudenza: avrei dovuto dare ugualmente l’assoluzione perché la persona era in buona fede e non era al corrente di questa norma giuridica, e in un secondo momento, con una semplice comunicazione al Vescovo dell’avvenuta assoluzione la cosa era risolta. Ogni volta che ci penso mi si stringe il cuore e mi domando se quella donna avrà avuto il coraggio di tornare in chiesa e di accostarsi magari ad un altro prete o se si sia tenuta la sua croce per sé.
Papa Francesco dice: “Se è vero che il dramma dell’aborto è vissuto da alcuni con una consapevolezza superficiale, molti altri, invece, pur vivendo questo momento come una sconfitta, ritengono di non avere altra strada da percorrere [...] ma il perdono di Dio a chiunque è pentito non può essere negato”. Dopo 25 anni spero che quella donna possa sentire queste parole rivolte direttamente a lei. Quest’anno si concede a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono. È un’occasione preziosa per tanti che soffrono e anche per i sacerdoti perché nessuno si senta escluso dai doni di Grazia dall’Anno giubilare della misericordia.

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