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Tagliati fuori

Con un voto a maggioranza “bulgara”, l’aula della Camera ha dato il via libera definitivo al taglio dei parlamentari. La riforma costituzionale voluta dal Movimento 5 stelle ha raccolto 553 sì, 14 no e 2 astenuti...

Parole chiave: Movimento 5 stelle (3), Editoriale (407), Renzo Beghini (62), Elezioni (36)

Con un voto a maggioranza “bulgara”, l’aula della Camera ha dato il via libera definitivo al taglio dei parlamentari. La riforma costituzionale voluta dal Movimento 5 stelle ha raccolto 553 sì, 14 no e 2 astenuti. Hanno votato a favore le forze di maggioranza e le forze di opposizione, più alcuni deputati del gruppo Misto. Gli unici contrari al taglio sono stati PiùEuropa e Noi con l’Italia. La “riforma Fraccaro” cambia il rapporto numerico di rappresentanza sia alla Camera (un deputato per 151.210 abitanti, mentre prima era uno per 96.006 abitanti) sia al Senato (un senatore per 302.420 abitanti; prima uno ogni 188.424 abitanti).
Ma che hanno tagliato?
La legge appare obiettivamente cosa di poco conto. Già il giorno dopo non ne parlava più nessuno. La notizia era scomparsa dai giornali e dalle tv. Il risparmio per le casse dello Stato, rispetto alla complessità del bilancio statale, è irrisorio. Rimane il fatto che avremo un parlamentare ogni 150mila abitanti. Ma quello che ha percepito la coscienza collettiva è che la politica come dibattito e confronto tra forme diverse di convivenza, nella sua funzione legislativa e di rappresentanza, è inutile se non dannosa.
È sconcertante il fatto che quasi tutti i partiti si siano inchinati alla demagogia grillina. Forse a causa del fatto che tutta (o quasi) la nostra classe politica appare paralizzata da una sorta di senso di colpa inconscio, che la fa arrendere di fronte a qualunque starnuto degli altri poteri dello Stato. Al bar direbbero che i politici non hanno più gli attributi (anche se in effetti, al bar usano parole più colorite).
Noi veniamo da un’idea di democrazia nella quale la gente, le persone, le associazioni, le categorie di interessi devono essere rappresentate in Parlamento. Un’idea che ha il suo fulcro nel dialogo come nel conflitto, nel confronto continuo della pluralità delle diverse rappresentazioni di città e di convivenza che i cittadini e le associazioni esprimono. Quanto conteranno le comunità quando avranno un parlamentare di riferimento ogni 150mila abitanti?
Ma soprattutto c’è da chiedersi: per quale ragione? È la proposta di una nuova visione della politica? È una pura ragione di risparmio? Se tu mi tagli 230 parlamentari per ridurre i costi, perché non ne tagli 300? Visto che ci siamo: perché non 500? Ma che differenza fa? Qual è la logica che regge questo taglio?
Ma allora: perché non “mantenerne” uno solo? La dittatura infatti, costa molto meno.
Sta passando l’idea che la politica debba essere ridotta. Gli spazi della partecipazione e della responsabilità politica devono essere limitati. Il confronto politico non è più necessario. È un tassello verso la democrazia diretta e virtuale? Se sono sufficienti i “like” alle proposte di governo e di azione politica bisogna dirlo. Se è questa la visione politica che guida la “rottamazione” della “casta”… non è più quella contenuta nella Carta costituzionale. E allora bisogna avere il coraggio di dirlo.
Il problema non è il taglio dei parlamentari, bensì quale idea di democrazia e di politica, di partecipazione e di responsabilità c’è dietro. Questo è il punto. Non si tratta di essere d’accordo o meno. Ma appunto: che cosa c’è dietro?
La grandezza dei cattolici che ci hanno preceduto, quelli degli anni ’40, dai professorini a coloro che hanno scritto la Costituzione, sta nel fatto che loro avevano delle idee su alcune questioni fondamentali riguardanti la democrazia di tutti. E ritornare a porre le domande vere a fronte delle sfide contemporanee, discernere e comprendere il fine di questi fenomeni, tradurli in cultura e farli diventare proposta politica, è il compito dei cattolici. Per non rimanere tagliati fuori.

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