Le “periferie” in rivolta ci interrogano
Se non andremo noi verso le periferie, saranno loro che ci verranno a trovare. E non sarà un idillio. Se non ascoltiamo l’invito di papa Francesco...
Se non andremo noi verso le periferie, saranno loro che ci verranno a trovare. E non sarà un idillio. Se non ascoltiamo l’invito di papa Francesco – uno dei pochi che ha letto con lucidità la condizione contemporanea del mondo – ad invertire la rotta puntando decisamente in uscita, saranno quelli di fuori che ci verranno a stanare per riprendersi quanto viene loro negato.
Il movimento dei “gilet gialli” iniziato lo scorso autunno in Francia, ha assunto una dimensione che va ben oltre il motivo contingente che lo ha provocato. Possiamo dire che l’aumento del prezzo dei carburanti è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Inoltre il fenomeno varca i confini transalpini e trova consensi anche negli altri Paesi – sebbene con peculiarità diverse – compreso il nostro.
Questa ha tutte le caratteristiche di una vera e propria rivolta popolare, parte da lontano e nel tempo si è alimentata con dosi sempre maggiori di sfiducia nei politici e nei responsabili della vita pubblica. Per questo non saranno certo i provvedimenti di emergenza a calmare le acque. Le periferie che insorgono contro uno Stato centrale che manca di considerazione nei loro confronti, (qualcuno parla anche di disprezzo) non hanno confini. La società europea tutta pervasa dall’economia di mercato sta perdendo di vista i valori che hanno fondato le nostre democrazie. Sintomatico è il fatto che i “gilet gialli” non rivendicano nessuna appartenenza politica e probabilmente non votano più.
Non si tratta solo di un moto di rabbia delle fasce di popolazione escluse geograficamente; in realtà si sta sfaldando il presupposto di idealità, di tradizione cristiana e sociale e di partecipazione. In altri termini si è rotto, e non da oggi, il legame sociale che tiene unita la collettività mediante il senso della condivisione e del bene comune su cui è stata edificata la casa comune dopo i disastri della Seconda Guerra mondiale.
L’invito del Papa a invertire rotta e ad aprire nuove vie nella direzione delle periferie non vale solo per i cristiani, ma anche per i responsabili politici. Il malessere e la sfiducia nei loro confronti dovrebbe indurli a sganciarsi dal centro, cioè dal potere, per recuperare la dimensioni di servizio al popolo. È ora, per le nostre élites, di tornare a scuola per un recupero culturale e anche spirituale.
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