Editoriale
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Intendiamoci: sulla stessa barca ci siamo tutti

Ci vengono offerti numerosi “bilanci” sulle conseguenze che la pandemia ha causato nella vita delle persone dopo un anno dalla sua diffusione...

Parole chiave: Editoriale (407), Stefano Origano (141), Coronavirus (96)

Ci vengono offerti numerosi “bilanci” sulle conseguenze che la pandemia ha causato nella vita delle persone dopo un anno dalla sua diffusione. Dicono che nessun ambito è rimasto estraneo a questo scossone, che è cambiato anche il modo di pensare. Tutti siamo coinvolti, anche se in modo diverso. È cambiata la vita sociale, il lavoro, i rapporti con le cose, con il tempo, con le persone, con Dio... C’è qualcosa che non ha subito almeno un momento di crisi? Credo proprio di no. Ne abbiamo trattato a più riprese anche nelle nostre pagine.
La narrazione prevalente che ascoltiamo è un generale lamento, un gemito grave che preannuncia una morte imminente. Ed è proprio questa la realtà, che il mondo moderno ha cercato di mascherare ed ora ci viene sbattuta in faccia con tutta la sua carica distruttiva: la morte. Intesa come sintesi delle fragilità, delle paure, dell’incapacità di comprendere quello che accade dentro di noi quando il male non viene da fuori, ma dal nostro interno. In definitiva la morte come simbolo della fine di un’epoca, delle sue certezze e dei suoi modelli.
Esistono però anche altri tipi di narrazioni, come per esempio quella che ci offre papa Francesco con Fratelli tutti. La fraternità è un punto di vista che ci permette di analizzare la crisi attuale come opportunità per un mondo nuovo. Si tratta di un atteggiamento profondamente spirituale, che nel corso dei secoli ha assorbito molto dalla tradizione cristiana, ma che sentono proprio anche “altri credenti” e tantissimi non credenti.
L’originalità della proposta del Papa non sta principalmente nella ricerca di un minimo denominatore comune per elaborare un consenso sul punto di partenza, ma nel lanciare una sfida sul punto di arrivo. A partire da quello che ogni essere umano sente come fondamento della propria dignità si possono avviare nuovi processi dove questa aspirazione si traduce in ricerca del bene comune.
La pandemia porta un insegnamento e una opportunità se non perdiamo per strada quel “tutti”. Abbiamo imparato che siamo fratelli perché sulla stessa barca della vulnerabilità, ma dobbiamo anche diventarlo nella corresponsabilità e nella cura, tutti.

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