Fortificare l’anello debole
Il card. Matteo Zuppi, in occasione della presentazione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale, dal titolo L’anello debole e curato da Caritas Italiana, ha lanciato un videomessaggio...
Il card. Matteo Zuppi, in occasione della presentazione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale, dal titolo L’anello debole e curato da Caritas Italiana, ha lanciato un videomessaggio ricordando di “cercare di fare quello che si può, ma bisogna fare quello che serve, quello che si deve, quello che ci viene chiesto, quello che è necessario per rispondere alle tante domande”. E le risposte per saper guardare al futuro, esigono che si capisca bene il presente, dove i dati ci dicono che l’organismo del nostro Paese ha i “valori sballati”. Dietro ai numeri, c’è il volto di quasi sei milioni di persone che si trovano nella condizione di povertà assoluta. Non possiamo accettare che ci sia un così alto numero di persone povere, perché a rimetterci non saranno solo loro, ma l’intero organismo. Concetto ribadito commentando i risultati del rapporto di Caritas relativamente ai giovani, al Sud, all’educazione, cioè di come la povertà diventa ereditaria. Ecco perché “il rapporto si chiama in quel modo, e l’anello debole lo devi rendere forte: altrimenti si spezza tutta la catena”.
“I mesi difficili verso cui andiamo incontro, richiedono e richiederanno tanta solidarietà, delle risposte rapide, perché la sofferenza non può aspettare, non deve aspettare”. E allora anche le nostre comunità sono chiamate a riscoprire la dimensione sociale, la territorialità, la rete che si deve creare per realizzare il “villaggio educativo”. Il grande compito della Caritas all’interno delle nostre comunità non è quello di fungere da agenzia a cui noi esternalizziamo il dovere della carità, perché la carità non si appalta. “Noi non possiamo esternalizzare la carità perché saremo e siamo interrogati su questo, e la carità coinvolge tutti e le Caritas devono aiutare a coinvolgere tutti quanti”.
Il presidente dei Vescovi italiani conclude il suo messaggio con un incoraggiamento: “Nei momenti di crisi, a maggior ragione, dobbiamo mostrare che cosa significa essere cristiani. E questo richiede due cose: avere un cuore pieno dell’amore di Cristo e, proprio per questo, riconoscere Cristo e avere noi un cuore pieno di amore per i tanti ‘poveri cristi’ che incontriamo nelle nostre strade, che andiamo a trovare nelle case e che devono trovare un porto nelle nostre comunità”.
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