Editoriale
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Finché la barca va: ma se poi non va più?

Può una decisione importante venire affidata alla sorte? Certo, se lo si decide democraticamente; ma così non dovrebbe accadere, trattandosi appunto di una questione di rilievo che domanderebbe delle valutazioni razionali e non di una cretinata da poter lasciare all’estrazione di una pallina da un bussolotto...

Parole chiave: Ema (8), Agenzia europea del farmaco (1), Editoriale (407), Alberto Margoni (64)

Può una decisione importante venire affidata alla sorte? Certo, se lo si decide democraticamente; ma così non dovrebbe accadere, trattandosi appunto di una questione di rilievo che domanderebbe delle valutazioni razionali e non di una cretinata da poter lasciare all’estrazione di una pallina da un bussolotto. Eppure è stato il sorteggio a decidere la città destinata a ospitare l’Agenzia europea del farmaco (Ema) che lascerà Londra dopo la decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea. E in questo modo l’Europa dei burocrati si è di nuovo coperta di ridicolo, dando ulteriore linfa alle ragioni degli euroscettici.
A dire il vero l’Italia non è esente da colpe: ha cantato vittoria troppo presto, certa di avere tutte le carte a suo favore: la sede, ovvero il Pirellone, concesso dalla Regione Lombardia; la facilità di raggiungere il capoluogo lombardo da tutta Europa; la posizione di primo piano che il nostro Paese riveste nell’ambito farmacologico e delle biotecnologie; un’azione di squadra che ha coinvolto e compattato tutte le istituzioni, al di là delle appartenenze politiche. Ma, come diceva un milanese doc come il vecchio Trapattoni, “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. E così è avvenuto. Ciò significa un mancato indotto quantificato in un migliaio di posti di lavoro e in 1,5-2 miliardi di euro annui. Forse però nei confronti dei 13 Paesi che avrebbero dovuto votarci – tra i quali Germania, Francia, Spagna – e invece hanno preferito l’Olanda al terzo scrutinio, determinando il pareggio che ha reso necessario il sorteggio, non è stata fatta un’adeguata opera diplomatica da parte dei nostri funzionari a Bruxelles. L’impressione è che dobbiamo ancora recuperare credibilità in campo internazionale; non siamo ritenuti sufficientemente affidabili, se è vero come è vero che le agenzie e le autorità di vigilanza europee che davvero contano stanno tutte al di là delle Alpi. Dei 45 organismi indipendenti impegnati a fornire consulenze alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri, solo due hanno sede in Italia, ovvero l’Efsa (Agenzia europea per la sicurezza alimentare, con sede a Parma) e l’Etf (Fondazione europea per la formazione, che si trova a Torino; se qualcuno ne era al corrente, meriterebbe un premio).
Occorre quindi che il nostro Paese da statico divenga finalmente strategico, perché non si convince l’Europa semplicemente tirando a campare o confidando nella buona sorte.

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