Commento al Vangelo domenicale
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Un miracolo che ricorda l’importanza dell’ascolto

Marco 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parole chiave: XXIII Domenica del Tempo Ordinario (6), Vangelo (419)
Un miracolo che ricorda l’importanza dell’ascolto

Ecco un altro gesto significativo di Gesù in territorio pagano. Questa circostanza geografica viene evidenziata dal singolare viaggio di Gesù. Per scendere da Tiro verso il lago di Galilea egli va a nord attraverso la regione di Sidone. È come se per andare da Firenze a Roma uno passasse per Bologna. Ciò che importa non è la logica geografica, ma il suo significato. Il tema dominante è quello della chiamata dei popoli pagani alla salvezza.
Il sordomuto guarito e reintegrato nelle sue facoltà diventa il rappresentante, in  questa primizia di salvezza nel mondo, di quanti parevano esclusi e diventa simbolo del non-credente che compie un cammino verso la fede. Infatti la sua sordità esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio.
L’evangelista racconta la guarigione del sordomuto: un evento prodigioso che mostra come Gesù ristabilisca la piena comunicazione dell’uomo con Dio e con le persone. La prima cosa che Gesù fa è portare quell’uomo lontano dalla folla: non vuole dare pubblicità al gesto che sta compiendo, ma non vuole nemmeno che la sua parola sia coperta dal frastuono delle voci dei presenti e dalle chiacchiere dell’ambiente.
Gesù tocca le orecchie e la lingua del sordomuto. Per ripristinare la relazione con quell’uomo bloccato nella comunicazione, cerca prima di ristabilire il contatto. Segue nei confronti di questo sordomuto un rituale medico-taumaturgico popolare, allora in uso nell’ambiente giudaico e in quello greco. Toccando l’organo malato si vuole comunicare quasi un’energia benefica, mentre alla saliva nell’antichità era attribuito un effetto terapeutico e di difesa da alcune malattie infettive. Ma l’elemento fondamentale è quello religioso, ed è esplicitato attraverso due gesti. Il primo è quello dello sguardo al cielo, cioè della preghiera rivolta al Padre. Il secondo è l’atto fondamentale della parola efficace, simile all’ordine divino scaturito nella creazione: “Sia la luce! E la luce fu”.
Gesù pronuncia in aramaico «Effatà», cioè «Apriti!». La parola di Cristo è come quella di Dio, agisce prontamente e libera dalle infermità, abbatte le frontiere del dolore e della miseria, aprendole all’irruzione della speranza e della gioia. Il sordomuto, nonostante l’ordine di tacere dato da Gesù, proclama con forza il gesto salvifico con un ritornello che ricorda un testo di Isaia: “Si schiuderanno le orecchie dei sordi… griderà di gioia la lingua del muto”.
Più che un prodigio spettacolare Gesù vuole compiere un atto che trasformi soprattutto la coscienza: gli orecchi sordi nella Bibbia sono spesso segno di un cuore indifferente. Senza la parola efficace del Cristo l’uomo resta sordo al Vangelo. È per questo che nel rito battesimale antico è stato introdotto il rito dell’Effatà, col gesto di toccare le orecchie e la lingua, perché il battezzato, appena inserito nella Chiesa, diventi presto un uditore della parola di Dio per poi comunicarla agli altri con le sue labbra e la sua vita.
Questo uso rituale coglie e attualizza il significato profondo del gesto di Gesù e la rilettura che ne ha fatto la tradizione. Il miracolo del sordomuto è il compimento della promessa profetica realizzatasi prima nel gesto di Gesù e poi pienamente nella Chiesa, comunità di quanti ascoltano, portando frutto, la parola del Vangelo.

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