Commento al Vangelo domenicale
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“Risorti con Cristo cercate le cose di lassù”

Giovanni 20,1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Parole chiave: Pasqua (37), Domenica di Pasqua (4), Vangelo (415)

Per vivere in pienezza questa festa fondamentale, sarebbe bello che ogni cristiano partecipasse con fervore alla grande Veglia, che nella notte celebra con solennità la Pasqua del Signore e durante la quale, in quest’anno si legge il Vangelo della risurrezione dell’evangelista Luca. Nella Messa del giorno, invece, si legge un brano di Giovanni; affascinante è pure il Vangelo della Messa vespertina con il racconto dei discepoli di Emmaus. Il Vangelo di Luca nella notte, inoltre, contiene subito un chiaro annuncio della risurrezione («Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» Lc 24,5-6) mentre il Vangelo del giorno, di Giovanni, come pure il Vangelo dei discepoli di Emmaus, alla Messa vespertina, disegnano piuttosto un percorso verso la maturazione della fede nella risurrezione del Signore da parte dei discepoli. Noi ci fermeremo per questa Pasqua sul Vangelo della domenica.
Il racconto di Giovanni che oggi leggiamo ha il carattere del momento iniziale del racconto delle vicende pasquali, quando ancora non è chiara la comprensione di un evento inaudito, il quale richiede un cammino di comprensione e di conversione ancora tutto da stabilire e da decifrare. Il racconto sembra voler mettere il lettore nelle condizioni di arrivare per primo al sepolcro, al luogo dell’accaduto, sapendo che è importante osservare bene la situazione, per verificare ogni elemento e poter intuire come possano essersi svolti i fatti.
È evidente che la ricognizione dei testimoni oculari non riguarda, in questo caso, l’evento in sé: nessuno ha potuto vedere Cristo in azione nell’evento della risurrezione né ha potuto assistere allo svolgersi del fatto. Quello che suscita la passione del testimone e del lettore è la domanda su cosa mai possa essere capitato, a partire dalle tracce che rimangono nel luogo della sepoltura. Formulare un’ipotesi credibile, non fantasiosa, costituisce tutto il valore dell’opera e la fondatezza del suo messaggio principale. I testimoni, tuttavia, hanno un legame molto forte con quanto è successo prima, nel corso di tutta la narrazione evangelica e, specialmente, nella passione e morte di Gesù. Ecco allora che all’esatta ricostruzione dell’evento si aggiunge il coinvolgimento e la volontà di comunicare un’esperienza personale e sconvolgente che porterà il discepolo, insieme a tutta la Chiesa, a proclamare la risurrezione del Signore.
Maria Maddalena si reca al sepolcro quando è ancora buio, al mattino: siamo ancora nella tenebra, ma la luce del giorno sta per nascere e in questa situazione di passaggio si muove la Maddalena verso il regno della morte. Il verbo greco usato per indicare ciò che vede la donna (la pietra è stata alzata, sollevata, tolta) può indicare un doppio senso, sia come se il cadavere fosse stato sottratto, rubato e portato via o come se il corpo del Signore fosse sgusciato via dalla troppo stretta prigione della morte. La Maddalena propende per la prima interpretazione e di ciò corre a mettere al corrente due discepoli: Pietro e l’altro discepolo, quello al quale Gesù voleva bene, figure di riferimento per la comunità che legge il Vangelo. Il primo per la sua missione di guida e responsabilità all’interno del gruppo, il secondo per essere il rappresentante di ogni lettore, chiamato ad essere in rapporto di comunione stretta con il Signore e a vivere del suo amore.
La tradizione identifica questo discepolo che Gesù amava, con Giovanni, il figlio di Zebedeo, ed essendo il più giovane del gruppo, può correre al sepolcro più velocemente di Pietro. Quello, però, che dà maggiore spinta alla corsa di questo personaggio è l’energia di bene e di amore che l’incontro con il Signore ha sviluppato in lui.
Oltre alla pietra, che è stata tolta dall’ingresso del sepolcro, sono le bende del cadavere, nella collocazione e posizione in cui sono state rinvenute, le altre tracce che i discepoli dovranno seguire per capire quello che può essere accaduto. Il loro significato ambiguo può indicare sia la morte che ha rubato anche il cadavere sia  la vita che è sfuggita e non si è lasciata imprigionare da nessun indumento. Infine l’annotazione che il vedere e il credere del discepolo amato segnano l’inizio della fede pasquale, fa sì che egli non scopra tanto dove è stato messo il corpo, come si aspettava la Maddalena, ma abbia potuto intuire la verità su quanto è accaduto e sulla direzione che il corpo ha potuto prendere nella linea della vita e della luce.
E proprio sulla scia delle tracce rinvenute ha inizio per ogni discepolo l’itinerario della fede che, tuttavia, non potrà accontentarsi della costatazione del sepolcro vuoto, ma dovrà essere portato a maturazione da altre testimonianze che Giovanni aggiungerà nel resto del Vangelo. Le tracce del Risorto dovranno poi essere rinvenute nella Scrittura, letta alla luce degli avvenimenti della Pasqua e quindi su un livello di comprensione più alto.
A questo punto sembrerebbe fin troppo ovvio dire che la fede cristiana nasce dalla Risurrezione di Gesù, dalla sua Pasqua che diventa la nostra Pasqua. Interroghiamoci però sinceramente: quanto la nostra fede è veramente “pasquale”, intrisa profondamente della certezza che in essa, nel suo doppio aspetto di morte e resurrezione, si cela profondamente la volontà di Dio per la salvezza dell’uomo, di ogni uomo? La nostra vita di fede, pur partecipe anche della passione del Signore, quanto è imbevuta dell’ottimismo tipicamente cristiano, che nasce dalla certezza che l’amore di Dio, manifestato nel suo Figlio Gesù Cristo, ha la capacità di sconfiggere ogni male?

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