Commento al Vangelo domenicale
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Ricchezza materiale e ricchezza interiore

Luca 12,13-21

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Il tema che il Vangelo odierno propone alla nostra riflessione è da sempre un argomento di grande discussione personale e comunitaria. Siamo tutti consapevoli che l’economia, il guadagno, il benessere sono, per molti di noi, valori che stanno in cima alla scala, o almeno fra i più importanti. Corruzione, disonestà, disinteresse, mancanza di solidarietà, egoismo hanno, come denominatore comune, il denaro. Colpiscono, ogni volta che le rileggiamo, le parole di papa Francesco: “Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa” (Evangelii gaudium, n. 53). L’economia è anche il motivo per cui si dismettono terreni in quartieri cittadini e, invece di realizzare parchi ricchi di spazi verdi per i giovani, gli anziani, i bambini, si costruiscono supermercati o si edificano case. È lo stesso motivo per cui si chiudono esercizi commerciali in difficoltà e si aprono sale giochi, per cui si permette di infestare ogni nostro quartiere con slot machine, promuovendo il gioco d’azzardo, salvo poi dire che il gioco può creare dipendenza. Il Signore non si sostituisce alla nostra responsabilità; come sempre concede il libero arbitrio e non si pone a giudice: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». Egli però esprime con chiarezza un messaggio che dovrebbe fare molto riflettere: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». L’invito è quello di essere molto attenti allo stile di vita che guida le nostre azioni, perché non sono il denaro e la ricchezza che offrono la serenità, la gioia del cuore. Il testo di Luca ci chiama all’essenzialità, al necessario, al non sentirci mai autosufficienti; questo non significa privazione, ma ci orienta alla logica della carità. Gesù non demonizza il benessere economico, ma piuttosto invita a vivere con rettitudine e a non commettere azioni disoneste a causa del guadagno, per non allontanarsi da Dio, mettendo al primo posto il “dio denaro”! Non sempre è facile capire la soglia oltre la quale il giusto guadagno, per il sostegno della famiglia, diviene ricerca esasperata di ricchezza. È difficile, talvolta, distinguere l’impegno per costruire le basi di un progetto di vita solido, dalla tentazione di accumulare al fine di espandere il proprio raggio di azione. La parabola dell’uomo ricco, che il Vangelo odierno ci propone, è emblematica. È l’esperienza di un uomo che ha lavorato tanto nella sua vita e che è riuscito ad accumulare una somma di denaro che gli consente di vivere nell’agiatezza per i prossimi anni, fino al temine della sua esistenza. Quest’uomo si è dimenticato, però, che la ricchezza accumulata lo ha impegnato così tanto da impoverire ogni relazione umana, da lasciar perdere la vicinanza all’uomo, a chi soffre, alla comunità, alle persone che intorno richiedono un po’ di aiuto. Il suo impegno ad accumulare ricchezze terrene, non gli ha permesso di stare vicino a Dio, di coltivare la dimensione interiore della propria esistenza, di vivere momenti di spiritualità, di solidarietà sociale, di condivisione del bene materiale e spirituale. Tutto questo lo ha allontanato da Dio e dal prossimo, lo ha isolato nel suo mondo ricco di “oggetti”, ma povero di relazioni, ricolmo di affreschi e muri ben adornati, ma vuoto di affetto, calore umano e presenza di Dio. È il rischio che corriamo tutti noi, che oggi il Signore ci invita a prendere in considerazione. Chi è troppo impegnato a guadagnare, non può trovare lo spazio reale, mentale e del cuore, per accumulare ricchezza interiore, per crescere nell’incontro con Dio e con l’uomo, per mettere a servizio della propria comunità le medesime capacità che gli consentono di avere successo nel mondo. È il Signore ad offrirci in maniera esplicita tale messaggio: “Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”. Dovremmo abbandonare l’idea che la realizzazione umana si basa sul benessere economico, sull’essere capaci e vincenti, sull’agiatezza affermata ed ostentata: “Vanità delle vanità: tutto è vanità” (Qoèlet), per affermare con convinzione che la vera ricchezza è quella di una famiglia che ha accumulato beni che nessuno potrà sottrarre, che sono la fede, l’amore e la solidarietà: “O Dio, principio e fine di tutte le cose, che in Cristo tuo Figlio ci hai chiamati a possedere il regno, fa’ che operando con le nostre forze a sottomettere la terra non ci lasciamo dominare dalla cupidigia e dall’egoismo, ma cerchiamo sempre ciò che vale davanti a te” (Colletta domenica 31 luglio ’16).

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