Commento al Vangelo domenicale
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Ogni cosa che possediamo è un dono da condividere

Luca 9,11-17

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Parole chiave: Ss. Corpo e Sangue di Cristo (4), Vangelo (419), Michele Righetti (50)

Oggi festeggiamo il sacramento dell’Eucaristia che il Signore ci ha lasciato come segno della sua presenza, della sua realtà corporale, del suo sacrificio sulla croce e della vita eterna di cui ci ha reso partecipi. Il santissimo corpo e sangue di Cristo, pane spezzato per noi, per la nostra salvezza, è ancora oggi il grande mistero che accompagna la nostra esistenza e che orienta il nostro agire. Il Signore affida ai discepoli la cura delle esigenze della folla: “Voi stessi date loro da mangiare”. Si fida di loro, li incoraggia a trovare la soluzione migliore perché la folla possa ottenere risposta ai bisogni. I Dodici si accorgono delle necessità, si rendono testimoni nei confronti di Cristo, si avvicinano a Lui esprimendo il bisogno delle persone presenti. Gesù rilancia e chiede loro non solo di “accorgersi”, ma anche di rispondere in prima persona al bisogno espresso, di trovare la soluzione migliore perché la folla sia soddisfatta. È la responsabilità affidata anche a noi nella nostra vita quotidiana. È l’atteggiamento da assumere per ogni cristiano che desidera testimoniare l’amore di Dio per l’uomo. Il desiderio di Gesù è che i discepoli passino da una logica di risoluzione del problema, ad una di condivisione. L’episodio che l’evangelista Luca ci propone dice che Gesù non vuole semplicemente sfamare la gente: se secondo i discepoli tocca alla gente comprarsi da mangiare, nella logica d’amore espressa da Gesù, il comprare va sostituito con il condividere. E questo è il grande significato dell’Eucaristia, pane spezzato e vita condivisa. Ogni cosa che è in nostro possesso, seppur semplice e poco significativa, è un dono da condividere, da spartire con i fratelli. Il corpo e il sangue di Cristo, è realtà condivisa, è vita che inonda la comunità fedele che si lascia avvolgere nel dono ricevuto. Passare dalla logica del gesto di carità fatto a favore degli altri, alla logica della condivisione nella carità, rivelatrice del volto di Dio, non è così semplice. E i fatti sociali del nostro tempo lo stanno dimostrando. Di fronte a centinaia di migliaia di fratelli in difficoltà, non è facile spezzare il corpo e il sangue di Cristo, per condividere, per distribuire quei cinque poveri pani e pesci, e sfamare la sete di giustizia e misericordia presente nella folla! Come non sentire una forte sofferenza nel nostro cuore, proprio nella festa odierna, che è invito alla condivisione dei cinque miseri pani e due pesci, vedendo la sofferenza di tanti nostri fratelli che implorano di essere accolti e sostenuti? Nella tradizione di questa festa, in alcune parti è ancora viva la processione del Corpus Domini. L’Eucarestia attraversa le strade della città spesso addobbate con fiori. Anche se è giusto far festa, è bene pensare che il Signore viene oggi anche sotto le sembianze di uno straniero, di uno che non è dei nostri, che non fa parte della nostra comunità, e che la pensa diversamente da noi. Quell’ostia è un mettere in crisi il nostro modo di vivere, il nostro risparmiarci dalle fatiche, il nostro fuggire le responsabilità. Gesù in quell’ostia attraversa le nostre strade perché i nostri cuori possano essere attraversati dal suo amore e rendersi simili al suo. Nell’azione che Gesù fa moltiplicando i pani e i pesci, è evidente l’allusione all’Ultima Cena: “Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla”. È così altrettanto evidente che la festa di oggi rafforza la fede, stimola la fede e ci dona il conforto di una presenza inesauribile accanto a noi. È il mistero di una continua e particolarissima presenza: Gesù presente nell’Eucarestia nella sua dimensione di amico che dona la vita per coloro che ama. Un mistero grande che, se riusciamo ad accogliere nel nostro cuore e nella nostra mente, trasforma la nostra vita e la rende meravigliosamente bella, perché spazio di amore e condivisione, non tanto dei nostri grandi doni, ma di quei cinque pani e due pesci che sono nella nostra umile bisaccia: “Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali e comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza” (Papa Francesco, Evangelii gaudium, n. 270).

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