Nicodemo candidato alla fede
Giovanni 3,16-18
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Nicodemo è menzionato esclusivamente nel Vangelo di Giovanni e soltanto in tre circostanze: nel dialogo notturno con Gesù; nella disputa con i farisei che vogliono arrestare il maestro di Nazareth; nell’atto di deporre, assieme a Giuseppe d’Arimatea, il corpo di Gesù nella tomba. Questo sublime gesto di pietà e compassione lo si ritrova scolpito in numerosi Compianti, raffigurazioni scultoree in cui vengono rappresentate le persone che hanno assistito alla sepoltura del Cristo, secondo la tradizione: Maria, le pie donne, l’apostolo Giovanni, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Questi è generalmente vestito con toga e copricapo, secondo i costumi del Medioevo in cui tali raffigurazioni costituivano un invito alla pietà soprattutto durante le celebrazioni della Settimana Santa. Se la fortuna – se così la si può chiamare – di Nicodemo viene attestata dalla sua presenza in tali scene di pietà, altrettanta fortuna egli l’ha ricevuta grazie al suo dialogo notturno con Gesù. Anche questo dialogo è diventato soggetto di ispirazione per pittori e scultori. E, per di più, oggetto di acute riflessioni teologiche.
Nicodemo è un fariseo, capo dei Giudei. È un uomo rappresentativo: colto, religioso, con alle spalle una lunga pratica di studio e di ricerca religiosa e morale. È un notabile, un maestro. È lui che fa il primo passo per incontrare Gesù. Lo incontra di notte. Forse per vivere un momento di quiete anche interiore. O per avere un tempo più disteso per parlare con un Maestro che lui reputa alquanto originale. O per evitare di farsi vedere con Lui, rischiando di compromettersi con i suoi colleghi. O perché la notte, dalla notte dei tempi, è il momento in cui i pensieri dell’uomo meglio riverberano nella cassa armonica dell’anima, alla ricerca del senso delle cose e di ciò che accade.
Le domande del fariseo trovano nelle risposte di Gesù delle affermazioni lucenti come perle, in grado di condurlo a comprendere la portata dell’amore di Dio e il significato dell’Incarnazione: Dio ha donato il suo Figlio come atto d’amore, perché il mondo si salvi grazie alla sua mediazione; e chi crede in Lui non andrà perduto, per sempre.
Nicodemo nel lungo e ricco dialogo mostra grande fermezza nelle sue posizioni, ma forse sta proprio in questa fermezza, forse eccessiva, la ragione ultima della sua non piena adesione a Gesù. Egli ritiene infatti di avere già compreso Gesù e la sua missione, incasellando il suo operato dentro gli schemi della sua visione religiosa. Ciò gli impedisce di cogliere tutta la forza di rinnovamento a cui la rivelazione di Gesù intende portarlo. Nicodemo, pur affermando che Gesù viene da Dio, non comprende l’invito a rinnovarsi e a vivere la fede in Cristo proposta da quell’atto d’amore che sarà pienamente rivelato in tutta la sua profondità sulla croce.
Proprio dopo l’evento della croce l’evangelista Giovanni ci ripresenterà la figura di Nicodemo. Sarà accanto a Gesù nello struggente atto della pulizia del corpo, della purificazione e della sepoltura. Attesta così pubblicamente il suo rispetto e la sua simpatia per il Maestro. Già l’essere presenti a questo atto di umana pietà è degno di nota. E lo è ancora di più se paragonato all’assenza di apostoli e discepoli. Se poi si aggiunge il fatto che è lui ad offrire l’aromatica e costosissima mistura di mirra (resina profumata) e aloe (legno odoroso) usata prima del seppellimento, in una quantità che va ben oltre i trenta chili, si può immaginare che la sua presenza e il suo dono non siano frutto del caso. Forse tutto ciò rivela un vero atto di fede, questa volta senza esitazioni. Forse solo in questo momento ha potuto vivere la “rigenerazione”, la “rinascita dall’alto” che gli aveva proposto Gesù nella notte più importante della sua vita.
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