Commento al Vangelo domenicale
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Nello spezzare il pane Gesù mostra il dono di sé

Marco 14,12-16.22-26

Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Parole chiave: SS. Corpo e Sangue di Cristo (4), Vangelo (407)
Nello spezzare il pane Gesù mostra il dono di sé

La solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, come quella della Santissima Trinità celebrata domenica scorsa, è stata istituita piuttosto tardivamente, nel XIII secolo. Se nel mondo ortodosso tale ricorrenza è sostanzialmente sconosciuta, in ambito occidentale il mantenimento di tale festa è motivato dal desiderio di proporre la contemplazione del mistero eucaristico al di fuori del Triduo di Pasqua. Per quest’anno il lezionario prevede la lettura del testo dell’ultima cena, senza la parte relativa alla predizione del tradimento di Giuda, nella versione offerta dall’evangelista Marco.

L’ambito temporale in cui si svolge il racconto è quello del primo giorno della festa degli azzimi; festa il cui nome deriva dalla tradizione di eliminare da casa tutto ciò che contenga lievito in modo che non ne resti nemmeno una piccola quantità, secondo quanto prescritto nel libro dell’Esodo: “Per sette giorni non si troverà lievito nelle vostre case […]. Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre case mangerete azzimi” (Es 12,19-20). Nella tradizione di Israele la cena pasquale (seder) salda assieme la dimensione terrena e mondana con quella sacrale: ogni cibo, elemento essenziale per il nutrimento dell’uomo, viene benedetto e così ricondotto alla sfera divina. La dimensione ebraica del contesto della cena pasquale di Gesù con i suoi appare in parte smorzata dall’essenzialità dei dettagli circa il suo svolgimento. È lecito ipotizzare che la scelta di Marco, come anche degli altri evangelisti, di limitare fortemente la descrizione di alcuni aspetti consueti e conosciuti del seder sia finalizzata a porre in risalto gli elementi di novità che in quel contesto rituale si sono succeduti. Le parole del Nazareno sul pane e sul calice, pertanto, sono ciò che agli occhi degli evangelisti risulta determinante da fissare e mandare a memoria poiché, in maniera piuttosto insolita, rivestono la funzione di spiegare anticipatamente il senso di quanto accadrà da lì in avanti.

Gesù, consapevole di essere cercato e di non potersi fidare di molti, manda due discepoli a predisporre tutto quanto è necessario alla cena pasquale. Questa coppia non viene indirizzata a cercare un agnello da immolare al Tempio in conformità al rito, ma a cercare e preparare il luogo in cui consumare la Pasqua. Essi si spostano dallo spazio pubblico e aperto della città di Gerusalemme, alla stanza collocata al piano superiore di una casa, assecondando con i gesti esteriori quel movimento verso l’interno, verso l’intimità di sé stessi, che è necessario per predisporsi in maniera opportuna a vivere la Pasqua.

Quando arriva il tempo di mettersi a tavola, Gesù compie alcuni gesti e pronuncia alcune parole sul pane e sul calice istituendo l’Eucaristia. Le versioni dei sinottici e il testo della Prima lettera ai Corinzi (1Cor 11,23-25) pur non differendo in maniera sostanziale nel riportare quanto il Maestro dice, presentano parole diverse. Questo aspetto evidenzia la consapevolezza, da parte degli autori, che le affermazioni di Gesù non sono formule magiche da saper recitare alla perfezione, poiché la loro grandezza e il loro peso provengono dal significato che assumono in relazione ai gesti cui sono correlate. In quelle parole si trova un concentrato della vicenda di Gesù, che ora si consegna, si offre ai suoi amici.

Il gesto dello spezzare il pane non è necessario nel senso che non si sarebbe potuto fare altrimenti, ma è assolutamente voluto. Invece di passare la pagnotta ai Dodici così che ciascuno ne prelevi un pezzo, Gesù sceglie di essere Lui a spezzare il pane perché in questo modo mostra il dono di sé. Il pane che arriva nelle mani di ciascun discepolo è stato preso, benedetto, porzionato e offerto così come lo sarà il corpo del Nazareno. La condivisione cui invita Gesù con le parole e le azioni esprime la logica che ha guidato tutta la sua esistenza fino al dono estremo della vita.

Diversamente da quanto accade con il pane in cui le parole di Gesù accompagnano l’azione, Marco scrive che il vino viene prima condiviso da tutti i presenti e in seguito il Maestro parla. La sottolineatura rispetto al fatto che tutti bevono dal medesimo calice indica che il dono di Gesù è realmente offerto a chiunque, nessuno escluso. E, in considerazione del fatto che poco prima era stato annunciato il tradimento da parte di uno dei presenti, una simile affermazione appare significativamente importante. L’offerta di amore gratuito e di vita che compie il Nazareno non è preclusa a nessuno, poiché esula dalla logica del merito. L’Eucaristia, che rappresenta la sintesi più efficace della vita del Figlio di Dio, la narrazione in parole e gesti dell’amore del Padre, non può essere intesa come premio, ricompensa o privilegio appannaggio di alcuni, ma è un dono di cui l’uomo è chiamato a rendere grazie.

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