La forza della testimonianza che conduce al Messia
Giovanni 1,45-32
In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Il tempo ordinario è così chiamato perché non contiene particolari celebrazioni del mistero di Cristo, ma è tutto incentrato sulla domenica, in cui si ricorda la risurrezione di Gesù. Questo tempo, chiamato anche “per annum”, è più antico dei “tempi forti” di Avvento e Quaresima. I primi cristiani celebravano il mistero di Cristo nell’unica celebrazione domenicale. Soltanto più tardi vennero istituite le feste del Signore, della Vergine, dei martiri e dei santi. Il tempo ordinario, a motivo della sua linearità e della continuità delle letture bibliche ed evangeliche, maggiormente si presta alla formazione liturgica e biblica.
Non è perciò un tempo da sottovalutare o da ritenere meno importante dei tempi forti. È invece il tempo che concentra con più forza l’attenzione sul significato della celebrazione e sulla conoscenza della storia di Dio con l’uomo. Tale storia si avvera e prende carne negli eventi, negli incontri e nei dialoghi narrati nella Bibbia e soprattutto nei Vangeli. Tra questi risulta paradigmatico l’incontro raccontato nella pagina odierna del Vangelo.
Presenta un momento decisivo della vita del primo nucleo di discepoli di Gesù, proponendo il tema capitale della vocazione, ovvero della disposizione a rispondere alla chiamata, dando un taglio netto alla vita di prima.
La narrazione si svolge in due quadri. Nel primo vengono presentati due discepoli che passano dal Battista a Gesù: è un modo concreto per dire che Gesù è più grande di Giovanni. Nel secondo si vedono due discepoli chiamati da Gesù stesso. In entrambi i casi un discepolo, affascinato da Gesù e felice di averlo incontrato, si fa testimone, perché un altro diventi discepolo. L’incontro con Gesù è qualcosa di contagioso. Si trasforma subito in testimonianza. Ma la fede non è completa quando si incontra il testimone: lo è solo quando si incontra Cristo. La fede piena nasce dall’esperienza personale con Lui.
C’è un ulteriore elemento e si tratta di un dato a prima vista marginale, ma in verità significativo. Per giungere alla chiamata personale è prezioso anche l’aiuto di una presenza fraterna o quella di un amico. Per Andrea è il Battista, che punta l’indice verso il Cristo presentandolo come l’Agnello di Dio. Per Pietro è lo stesso suo fratello, Andrea, che gli annuncia con gioia d’aver trovato finalmente il Messia. Vengono alla mente altre scene, di altri tempi e di altri luoghi in cui si è verificata una conversione grazie all’aiuto di una persona-testimone. Così è stato per Alessandro Manzoni, che si è convertito anche grazie al suo direttore spirituale, compagno di viaggio nella sua prolungata e tormentata ricerca. O come è stato per André Frossard, convertitosi in un battito di ciglia. Celebre il suo libro Dio esiste, io l’ho incontrato, in cui racconta che, entrato casualmente a vent’anni in una chiesa parigina da ateo, ne è uscito “cattolico, apostolico, romano”.
L’episodio rimanda alle vie personali della fede, che iniziano in modalità sempre esclusive e talvolta originalissime. Sono innumerevoli le imitazioni dei primi discepoli da parte di uomini che hanno deciso di lasciare tutto, per andare ad “abitare” con Gesù. Sono i “folli di Dio”, come san Francesco di Assisi. Sono persone che, attratte dall’irresistibile fascino del Cristo, hanno deciso di abbandonare tutto. Dopo esser state chiamate da Dio che ha sconvolto i loro piani spesso modesti, hanno superato ogni resistenza e fatto della loro vita un dono gioioso e totale. Convertite a Lui, hanno messo in piedi in breve tempo congregazioni e movimenti religiosi propagatisi rapidamente in più continenti. In tal modo hanno assicurato, anche in luoghi remoti, un’originale fioritura di cristianesimo nel tempo ordinario della vita.
Don Maurizio Viviani
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