Commento al Vangelo domenicale
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I lineamenti fondamentali del discepolato di Gesù

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

I lineamenti fondamentali del discepolato di Gesù

Le parole che Gesù pronuncia nel Vangelo odierno si rivelano segnate da un ritornello, una sorta di motivo spirituale che risuona per tre volte: «non può essere mio discepolo». È chiaro, dunque, il tema di questo intervento che Gesù indirizza alle folle che camminano con Lui lungo la strada verso Gerusalemme. Attraverso tre quadri successivi Egli delinea il volto del suo discepolo. Espone le condizioni necessarie perché il desiderio di seguirlo risulti veramente stabile ed efficace.
Il primo quadro è affidato a un’affermazione tanto folgorante quanto esigente. Per essere veri discepoli di Gesù bisogna amarlo più di quanto si ami il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino se stessi. Qual è il significato ultimo di questa dichiarazione forte? Essa racchiude uno dei temi cari alla predicazione di Cristo. Per essere suoi discepoli autentici è necessario rifuggire dalla tiepidezza, dal compromesso, dall’accomodamento: la scelta di fede è radicale, è come una sorgente che deve irrigare tutto il terreno della vita, il vertice della scala dei valori sul quale si ordina tutto il resto. Il mutamento di mentalità è deciso e decisivo e Gesù lo richiede con parole impegnative e intense.
Il secondo quadro, che in realtà è solo una pennellata, ha al centro la croce. L’adesione alla via stretta dell’impegno cristiano non è solo frutto della decisione coraggiosa ed entusiastica di un momento, ma è una scelta pesante, continua, quotidiana, che può avere un prezzo decisamente elevato.
L’ultimo quadro risulta più ricco di tratti e contiene due parabole gemelle. La prima è quella della torre da costruire: forse con questo simbolo si vuole parlare di un’intera fortezza, i cui costi di costruzione sono alti e da calibrare attentamente. La seconda parabola è, invece, quella della guerra e dei relativi piani strategici da approntare accuratamente, pena la sconfitta certa. Il senso immediato delle due parabole ricalca quello della prima scena: l’impresa di seguire Gesù è difficile e seria, non la si può affrontare con leggerezza e superficialità.
Per costruire la torre è necessario impegnare tutti i propri fondi, per vincere una battaglia bisogna mobilitare tutte le forze militari disponibili. Per il Regno di Dio bisogna investire quanto si ha e si è; occorre rinunciare ai beni per investirli nella carità. L’amore radicale per il Regno, la croce da portare, la rinuncia agli averi: ecco tre lineamenti fondamentali del discepolo di Cristo. L’egoismo, la superficialità, l’avarizia: ecco tre tratti che deformano il volto del cristiano.
Essere discepoli di Gesù significa riprendere e continuare la sua strada nell’attuazione del progetto di Dio, dandovi tutto il proprio apporto, non chiudendosi in una fortezza, ma mettendosi a servizio del Regno e che si realizza nel servizio alla Chiesa e al mondo.
La libertà del discepolo e il suo coraggio, il distacco radicale e la serietà dell’impegno restano parole vuote e astratte fino a quando egli non incomincia a perdere i beni, intesi nell’accezione più vasta. Non si può essere discepoli a metà o tiepidi. D’altra parte un Vangelo annacquato è ben lontano dal progetto di Gesù. Ma in base a quali criteri stabilire la genuinità dei discepoli? Gesù propone un test semplice, chiaro e verificabile: «Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo».

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