Il "gardesano" René Arnoux: «Io, la Ferrari, il signor Enzo e quell'amicizia con Villeneuve»
di FRANCESCA GARDENATO
L'ex pilota: la Formula 1 oggi? Tecnica e strategia, che noia
di FRANCESCA GARDENATO
L’ex pilota francese René Arnoux è stato ospite la scorsa settimana degli eventi rievocativi per il centenario del primo Gran Premio d’Italia che si corse nell’entroterra bresciano, sul circuito della Fascia d’oro tra Brescia e Montichiari, nel settembre 1921. Cento anni dopo, un francese torna a guidare la Ballot 3/8 LC #1006 che vinse il primo Gran Premio, evento sportivo che dal 1922 fu trasferito a Monza, sul neonato autodromo. Arnoux è un frequentatore assiduo del lago di Garda, di Desenzano in particolare, sin dai tempi in cui pilotava la Ferrari, motivo per cui ha accolto volentieri l’invito a partecipare ai festeggiamenti del Primo Gran Premio d’Italia nella vicina città di Montichiari.
A 73 anni, ancora si emoziona ricordando il duello storico con il pilota franco-canadese, rivale e grande amico, Gilles Villeneuve. Alcuni numeri raccontano di lui e della sua carriera: 164 gare disputate, 7 vittorie, 22 podi e 18 pole position. Iniziò facendo il meccanico. Appassionato di motori, sarebbe dovuto tornare a Grenoble, suo paese natale, per aprire un’officina meccanica. Ma passò le selezioni per la scuola di Magny-Cours e, come gran parte dei piloti automobilistici, prese gusto a guidare i go-kart in Italia.
In seguito, approdò alla Formula Renault e successivamente alla Formula 2. L’esordio nella massima categoria fu nel 1978 con il team francese della Martini, ma la fama giunse a bordo della Renault, prima, e della Ferrari poi. In Formula 1, Arnoux gareggiò per undici stagioni; non conquistò mai il titolo mondiale, ma rimane tra i piloti più celebri del mondo delle corse.
Importante l’amicizia con Gilles Villeneuve e proprio un duello tra i due, quando ancora Arnoux era alla Renault, è rimasto nei cuori degli appassionati. Il Gp di Francia corso sul circuito di Digione il 1° luglio 1979 è passato alla storia non solo per la prima vittoria di un motore turbo, ma soprattutto per l’esaltante scontro tra Villeneuve alla Ferrari e Arnoux alla Renault. Quel duello indimenticabile, così intenso quanto corretto, finì col rafforzare l’amicizia tra i due, come ha confermato in numerose interviste lo stesso Arnoux. Un legame quasi fraterno, conclusosi purtroppo con la scomparsa di Gilles in occasione delle prove ufficiali del Gp del Belgio nel 1982. Oggi la sua vita non corre più a 300 chilometri all’ora, è più tranquilla, ma non mancano i momenti di amarcord, come nell’intervista che ci ha concesso la scorsa settimana, prima di tornare in pista, questa volta sul circuito di Montichiari, alla guida della francese Ballot, che vinse il Primo Gran Premio d’Italia il 4 settembre del 1921. «I miei primi giochi erano le macchinine. Le tenevo bene perché dovevano durare almeno fino all’anno dopo, quando arrivavano le nuove. Facevo il circuito e simulavo il rumore. Di notte cadevo dal letto e facevo sempre il rumore delle macchinine. Era una passione che avevo dentro, come mio padre…».
– Qual è il suo personale ricordo del famoso “duello di Digione” con Gilles Villeneuve?
«Quando ci siamo incontrati, l’amicizia tra noi è stata immediata. E se il livello del nostro confronto a Digione arrivò a quel punto, è perché tra noi c’erano un’amicizia tale e un rispetto così forti che ci hanno permesso tanto. E di noi, infatti, la gente ancora oggi si ricorda».
– E il suo ricordo di Enzo Ferrari, quando arrivò alla scuderia di Maranello? «Quando sono arrivato per la prima volta a Fiorano, avevo 33 anni. Ero solo, senza manager e dovevo incontrare Enzo Ferrari. Quel momento è stato solo mio, non l’ho condiviso con nessuno, e quella colazione mi è rimasta impressa. Ferrari era un uomo che ha dedicato la sua vita a queste auto sportive per vincere. Spesso, quando ero a Fiorano, mi mandava a chiamare e mi invitava a pranzo con lui. Ho passato momenti indimenticabili nei tre anni alla Ferrari».
– Com’era la Formula Uno dei suoi tempi rispetto a oggi? «La mia era una Formula Uno più passionale. C’era tanta partecipazione da parte della gente. Oggi c’è un distacco fisico. Piloti e meccanici sono molto distanti dai tifosi ed entrare nei box, anche se hai il pass, non è facile. I gran premi di oggi sanno di poco».
– In che senso “sanno di poco”?
«È diventato un campionato del mondo di ingegneria e di strategia di gara. Non metto in dubbio le capacità di Hamilton, Verstappen, Leclerc... Ma oggi un pilota senza una buona macchina non può pretendere più nulla. Hamilton e Verstappen sono quasi alla pari e onestamente spero che Verstappen possa riuscire a vincere, per spezzare un po’ la monotonia della F1 odierna».
– Momenti di nostalgia della Formula Uno?
«Ho fatto diciotto anni di carriera e dodici di F1. Quando ho deciso di smettere ho smesso, senza rimpianti. È sempre difficile l’anno dopo vedere tutti ai blocchi di partenza e tu non ci sei. Ho guidato la Renault, la Ferrari e la Ligier e, dopo dodici anni, non avevo più la possibilità di guidare una macchina competitiva per vincere. Fare figuracce non mi piaceva. E, poiché non avevo più la possibilità di vincere, ho piantato due chiodi al muro, uno per la tuta e una per il casco, e ho smesso».
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento