Da pescatore a “pescato” dalla rete del Signore
di LUCA PASSARINI
Benito Pierno e una storia che dal mare lo ha portato sul lago
di LUCA PASSARINI
«Il Signore mi ha fatto passare da ciuco ad asino»: così riassume il suo cammino Benito Pierno, ordinato diacono per la diocesi di Verona il 12 settembre 2021. E facendogli notare che secondo la lingua italiana in realtà stiamo parlando dello stesso animale, sfoggiando la sua origine napoletana, spiega che il termine “ciuco” di solito si usa per una persona rozza e villana, mentre con “asino” emerge tutto un altro spettro di significati legati all’umiltà e alla mansuetudine. In effetti, questo orizzonte fa parte della tradizione biblica, da cui Pierno prende un altro riferimento per la sua vicenda: «Come per san Paolo, si tratta di una conversione, soprattutto nei modi e nello stile con cui entrare in relazione con Dio e con le altre persone».
Riavvolgendo il nastro ci racconta: «Sono nato nella provincia di Napoli il 30 ottobre 1964, in un contesto familiare molto cattolico, con una quotidianità scandita da celebrazione eucaristica e preghiere, e la scuola frequentata presso le suore, dove a volte mi ritiravo in cappella a pregare. Allo stesso tempo eravamo una famiglia di pescatori non certo agiata. Per questo ho cominciato a lavorare anch’io da quando avevo 14 anni: mi sono imbarcato in un mercantile come mozzo e provavo a tenere insieme studio e lavoro». Un momento di svolta importante è arrivato appena qualche mese dopo: «Un comandante di mercantile mi ha proposto di entrare nella Marina militare, per poter avere un presente di scuola ed educazione, e un futuro con un bel lavoro. A quindici anni mi sono così iscritto all’Accademia dei Sottufficiali di Taranto e al termine sono stato inviato al Comando di La Spezia».
Poco più che ventenne, è arrivato quasi all’improvviso un punto fondamentale di rottura: «Avevo un paio di giorni di licenza e ho pensato di far visita ad alcuni parenti che si erano trasferiti a Sirmione. In quell’occasione ho visto per la prima volta una ragazza, Sonia Boschetto, e nelle settimane successive mi sono detto che dovevo almeno rivederla». Riuscito a rintracciare il numero di telefono della famiglia, Benito ha concordato un appuntamento dicendo che sarebbe passato a prenderla a casa: «Lei stava per scendere, ma le ho detto che volevo salire a farmi conoscere dai suoi genitori: mi sembrava giusto sapessero con chi usciva la loro figlia...». Sono bastati pochi mesi per cogliere che si trattava di una relazione su cui si poteva costruire qualcosa di bello e profondo giungendo, due anni e mezzo dopo, alla celebrazione del matrimonio il 3 giugno 1989 nella chiesa di Colombare di Sirmione: «Insieme alla gioia, resa ancora più forte con la nascita di Vittorio nel 1990 e di Beatrice nel 1995, abbiamo dovuto subito fare i conti anche con il dolore, che ha segnato soprattutto i genitori di Sonia che ormai erano diventati anche per me come un padre e una madre. Un tumore fulminante ha portato via presto mia suocera, mentre il suocero – a causa di un ictus – ha avuto bisogno di cure continue per i suoi ultimi vent’anni, che ha vissuto sempre con noi». Congedatosi e iniziato un nuovo lavoro in zona, che lo vede ancora occupato, sono stati la crescita dei figli, con i primi impegni scolastici e inviti alla catechesi, a offrire una spinta per tutta la famiglia: «Non avevo mai rinunciato a coltivare il desiderio di un rapporto con Dio e a camminare nella fede, pur nelle difficoltà della vita, ma l’essere genitore mi ha di nuovo avvicinato alla Chiesa, che è stato un tornare alle origini ma allo stesso tempo assumere una modalità più vera».
Nel 2010 l’allora parroco di Colombare, don Luigi Limina, fece la proposta a Benito e Sonia, insieme ad altre due coppie, di dare una mano per la catechesi degli adulti: «Fin dai primi incontri, io mi sono accorto che quello che potevo dare era davvero poco, ma allo stesso tempo che stavo ricevendo qualcosa di immenso, soprattutto nei momenti di formazione e preparazione; quando il percorso si è dovuto interrompere, mi mancavano le letture e gli spunti che ci venivano offerti: si era accesa una miccia dentro di me e volevo alimentare questo fuoco, come ho fatto fin da subito partecipando a qualche gruppo di preghiera e alla scuola della Parola vicariale. Nel 2012, poi, una mia amica mi ha portato con sé alla Tre giorni biblica organizzata dall’Issr San Pietro Martire». Quattro chiacchiere con mons. Andrea Gaino, docente dell’Istituto, hanno fatto emergere la sua sete e permesso di prendere i primi contatti: «Il mio desiderio era soprattutto di approfondire le Scritture e questo si è realizzato anche se potevo frequentare solo il sabato: ricordo con gratitudine soprattutto le lezioni sull’Antico Testamento di suor Grazia Papola, filosofia con la prof.ssa Lucia Vantini e teologia con don Giovanni Girardi. Posso dire di aver conosciuto Dio sui libri di scuola, o quantomeno che mi sono state fornite delle chiavi di lettura fondamentali per capire che cosa ha fatto, fa e farà». L’ambito dell’Istituto e alcuni appuntamenti anche extra-accademici sono stati occasione di conoscenza del cammino del diaconato, rispetto al quale sono emerse alcune intuizioni e riflessioni; il confronto con il responsabile mons. Roberto Campostrini e l’allora collaboratore don Luca Merlo lo hanno portato a iniziare il percorso formativo: «Il primo anno per me è stato travagliato, pieno di intensità ma anche di domande e dubbi; a farmi proseguire è stata soprattutto la pace profonda perché mi accorgevo che questa strada mi faceva sempre più innamorare di Dio. Inoltre, si è rivelata determinante anche la cura del nuovo parroco di Colombare, don Francesco Ballarini, che mi ha coinvolto in vari ambiti, tra cui l’organizzazione di alcuni momenti liturgici».
L’ordinazione diaconale, che Pierno ha accettato che fosse rinviata di qualche mese pur di condividerla con altri, ha portato con sé tanti effetti, al di là di quelli più prettamente spirituali: «Questo “sì”, che ho detto sacramentalmente quel giorno e che quotidianamente ripeto, mi dona tanta tranquillità nella umile consapevolezza che non potrò mai corrispondere ai tanti doni di Dio; da lì ho avvertito pure dei cambiamenti all’interno della famiglia stessa, oltre che delle novità nel mio impegno pastorale, con una maggior presenza nella catechesi degli adulti, nell’accompagnamento delle famiglie, così come dei ragazzi che si stanno preparando ai sacramenti». In questi mesi, poi, si sta profilando un nuovo incarico, legato alla Casa di Pietro, realtà diocesana che si rivolge alla famiglia, soprattutto nella sua fragilità: «Le nostre case saranno sempre più il centro della nostra esperienza di fede e mi voglio mettere al servizio al meglio: per questo mi sono iscritto ad un master per mediatori familiari». Altra certezza che viene dalla sua esperienza di vita e che vuole testimoniare è la fedeltà di Dio, che trova sempre il modo di aprire strade nuove anche quando sembra impossibile.
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