Poeti sociali: «Una rassegna contro la rassegnazione»
di MONS. DOMENICO POMPILI
Il vescovo Domenico: un piccolo tesoro da far fruttare. Arrivederci alla prossima edizione
di MONS. DOMENICO POMPILI
Si è chiusa con una serata di grande musica, con la cantante israeliana Noa, questa emozionante ma anche corroborante rassegna dei Poeti sociali che, come ci ha scritto papa Francesco per quest’occasione, sono coloro che mostrano di avere “la capacità e il coraggio di creare ottimismo laddove appaiono solo scarto, tensioni e sofferenze”. Alla ricerca dell’alba in questi tempi bui, abbiamo riscoperto Verona come un crocevia di parole poetiche che rigenerano, di biografie che osano testimoniare pace nonostante siano devastate dall’orrore della violenza e della guerra, di pratiche sociali che si impegnano a fondo per rendere ospitali le comunità, di momenti preziosi in cui abbiamo potuto guardare meglio e più da vicino il bene che c’è e quello che c’è stato, senza smettere di soffrire per quello che ancora manca: cura per le vite fragili, attenzione per quelle emarginate, giustizia per quelle violentate e per il creato come tessitura di un mondo che dobbiamo custodire cambiando il nostro modo di abitarlo e disinnescando quella cultura aggressiva che ci chiede sempre di vincere, costi quel che costi.
In questi giorni, diverse persone mi hanno confidato che i moltissimi incontri organizzati sono stati una boccata d’ossigeno, una sorta di vento che butta giù i fogli dalle scrivanie e che dunque scompiglia le tante retoriche rassegnate che ci raggiungono e che ci spengono i desideri di pace e ci spezzano i sogni di una verità condivisa con la quale non si sacrifica nessuna differenza, nessuna esperienza personale, nessuna vita. Abbiamo così fatto i conti con la storia nella sua complessità, dove non si può dire né che tutto vada bene né che tutto vada male, ma abbiamo sperimentato sinergie capaci di aprire varchi da cui comunque passa la luce. A volte ci sono raggi da cui non ci facciamo raggiungere, magari perché non li vediamo o perché li temiamo. In queste giornate li abbiamo cercati e abbiamo capito che è importante farli risuonare nelle nostre parole.
Ci servono racconti di luce che non tradiscano il buio della notte. Spesso dobbiamo constatare che è difficile far uscire la gente dalle proprie case. Non è solo perché le cose da fare sono tante, ma anche perché spira tra noi un vento di bufera che ci suggerisce qualcosa di malefico: stai sul divano, che domani è una giornata dura, e comunque a sentire certi discorsi rischi solo di cacciarti in un mondo immaginario, di non essere più capace di tenere gli occhi aperti e di camminare con quel piccolo tesoro – di certezze, di garanzie e di posizione – che sei riuscito a metterti in tasca. E invece noi dalle nostre case siamo usciti. Abbiamo sentito che è ancora possibile pensare in termini solidali, che non tutto è perduto, che la guerra non è un male necessario, che la giustizia non serve solo a rinchiudere qualcuno dietro le sbarre, che l’arte può diventare profezia di un mondo diverso.
Per tutto questo, dobbiamo anzitutto ringraziare il comitato scientifico. Un nome per tutti: il prof. Mauro Magatti. Quindi, va detto grazie a Daniele Rocchetti, direttore artistico di questa impresa. Ovviamente il grazie è alla Fondazione Toniolo e al suo presidente, don Renzo Beghini, che insieme ai giovani di Intrapresa, ha permesso la messa a terra dell’intero panel di proposte. Questa prima edizione ci ha dato moltissimo, perché ci ha convocato in uno stesso luogo a immaginare insieme percorsi di pace. L’entusiasmo per quello che abbiamo vissuto ci sta già accendendo il desiderio di pensare l’edizione del prossimo anno. Ci salutiamo dunque con la promessa di ritrovarci di nuovo, con nuove esperienze da condividere, ma anche con qualche perla di luce in più raccolta per strada. Proviamo a essere candele in mezzo al buio.
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