Sindone, l’immagine in Ucraina: «simbolo di risurrezione per noi»
di NICOLA SALVAGNIN
Padre Swider’skyj: abbiamo più che mai bisogno delle vostre preghiere
di NICOLA SALVAGNIN
Raggiungiamo padre Benedykt Swiders’kyj in quel di Torino, dopo aver ricevuto una copia autenticata della Sacra Sindone dalle mani di mons. Repole, arcivescovo della città sabauda. Da qui inizia il suo lungo viaggio-pellegrinaggio che porterà l’imago Christi fin nel cuore cattolico dell’Ucraina.
«I miei connazionali sono perlopiù cristiani ortodossi. Esiste poi una fetta di cattolici di rito greco, in unione con Roma dal 1595; noi cattolici di rito romano siamo un’esigua minoranza, all’incirca 800mila fedeli concentrati soprattutto nel centro e nell’ovest del Paese. Comunque abbiamo 7 diocesi, tre seminari diocesani, i vescovi e il clero...».
– Qual è il senso più profondo di questa iniziativa?
«Il fatto è che, dopo due anni di guerra, il mio Paese ha sì continuamente bisogno di aiuti materiali, ma anche di essere aiutato con la preghiera. Finora l’abbiamo fatto poco, in questo momento siamo noi ad avere un problema di coscienza, dobbiamo “metterci in regola” con i nostri doveri di fraternità cristiana. Noi non siamo stanchi di continuare a pregare».
– Com’è la situazione oggi in Ucraina?
«Molto difficile, anche se non abbiamo perso la fiducia nell’azione del Signore. Purtroppo non si capisce quando finirà e sempre più gente piange i propri morti. È una Via crucis, ma non siamo soli ad affrontarla. E la Sindone è un’immagine che ci è particolarmente cara perché testimonia che c’è vita oltre la morte, che ci aspetta la Risurrezione dopo tanta sofferenza».
– La guerra?
«All’inizio c’è stata una forte mobilitazione patriottica, migliaia di persone sono andate al fronte per difendere la propria terra e la propria famiglia. Oggi è tutto più difficile, ci sono stati tanti morti, i soldati sono sfiniti, le nuove leve hanno paura di finire al fronte».
– Come possiamo aiutarvi?
«Sicuramente con le preghiere, ce n’è un immenso bisogno. E poi con gli aiuti materiali, soprattutto con le medicine. La Caritas sta facendo molto, arrivano aiuti da tutta Europa ma la situazione è sempre più difficile. Ma abbiamo soprattutto bisogno di sentire il sentimento di fratellanza tra cristiani, non sentirci soli in questo momento».
– Più va avanti, più cresce il solco tra popoli un tempo fratelli. Potrà essere richiuso?
«Non lo so, sinceramente ho paura che il mio popolo maturi un odio duraturo nei confronti dei russi. Più la guerra va avanti, più è larga la strada dell’odio. Per me è più facile, non ho perso figli o mariti al fronte. Ma chi è in questa situazione? Le guerre non devono nemmeno cominciare, questa deve finire al più presto».
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