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«Raddoppiato il numero di chi chiede aiuto»

L'effetto Covid-19 sulle situazioni più fragili

Parole chiave: Caritas (60), Povertà (38)
«Raddoppiato il numero di chi chiede aiuto»

Finita l’emergenza Covid-19, per i centri di ascolto territoriali di Caritas diocesana veronese è tempo di iniziare a prevenire, a capire quale potrebbe essere l’urgenza principale per non farsi trovare impreparati e non farla diventare emergenza. Alle spalle dei 54 centri di ascolto zonali, c’è l’Associazione di carità San Zeno Onlus, braccio operativo di Caritas veronese per quel che riguarda l’aiuto alle famiglie e alle povertà del territorio.

«L’anno scorso – spiega Barbara Simoncelli, responsabile dell’area progetti e coordinamenti di Caritas Verona – la San Zeno Onlus ha intensificato il lavoro di cura e sviluppo delle alleanze territoriali con il fine di estendere in nuovi territori un modello di intervento orientato alla prevenzione. Un modello che, alla semplice erogazione di beni e servizi, associ sempre percorsi legati a ogni singola persona, finalizzati all’acquisizione di competenze, ma anche allo sviluppo della fiducia di sé e del senso di appartenenza alla società. Inoltre nel periodo pre-Covid si è molto lavorato sulla strutturazione e progettazione di luoghi inediti, in cui agganciare le famiglie vulnerabili o a rischio di povertà non seguite dagli enti caritativi e dai servizi sociali. Si tratta di luoghi belli, di spazi aggregativi non associati al disagio, alla povertà, all’emarginazione che mirano a mettere in contatto le persone con le opportunità presenti nei contesti in cui abitano. Chi fruisce delle risorse della città, chi sa coglierle e utilizzarle è un soggetto più resiliente, capace di esprimere i propri diritti di cittadino. Chi non vi accede, non le conosce, è più fragile, escluso, isolato».

Nel 2019, l’evento più importante in questo senso è stata l’inaugurazione, grazie a una rete di partner, della “Portineria di quartiere” di Borgo Nuovo: uno spazio di orientamento, socialità e ascolto leggero che ha permesso di esplorare le risorse formali e informali presenti a Borgo Nuovo e di far interagire competenze ed energie con l’intento di dar vita a percorsi comuni di animazione. In concreto, si è trasformato un immobile inutilizzato in un cantiere educativo permanente, attraverso un processo partecipativo che coinvolge in prima persona gli abitanti del quartiere. Uno spazio a vocazione territoriale volto a sostenere lo sviluppo delle potenzialità dei cittadini di quest’area della città, con un’attenzione particolare ai minori. «L’obiettivo – continua Simoncelli – è contrastare le forme di disagio giovanile presenti nel quartiere e prevenire situazioni di isolamento ed emarginazione con un approccio leggero, ma soprattutto attraverso un’azione collettiva concreta: la costruzione di un “hub di animazione”, di un spazio che crei processi di attivazione e trasformazione del territorio in cui si studia, si vive, si lavora». Purtroppo la pandemia ha bloccato alcuni processi, ha trasformato in parte anche il quadro statistico delle famiglie che vivono nella povertà sul territorio e di fatto obbliga la San Zeno Onlus e i suoi centri di ascolto a fermarsi e riflettere su quello che potrà accadere e iniziare a pensare nuove modalità di aiuto. Categorico in tal senso mons. Gino Zampieri, direttore di Caritas diocesana: «Rispetto al periodo prima del virus sono circa il doppio le persone che bussano alla porta delle Caritas territoriali e dei loro centri di ascolto. Problemi economici legati alla lunga chiusura delle attività o alla mancanza di turismo in questo periodo, famiglie che non possono permettersi di pagare le bollette e talora gli affitti; alcuni hanno problemi anche con il bisogno primario, cioè il cibo. Senza contare il capitolo scuola e tutte le problematiche che potrebbero nascere se non dovesse riprendere nemmeno a settembre – elenca –. Caritas in questi giorni si sta confrontando con i territori, come una sorta di osservatorio unico sta capendo i bisogni e di conseguenza quali risorse ha e quali è necessario mettere in campo. Uno degli aspetti principali emersi è proprio quello della mancanza di informazioni adeguate al cittadino, spesso dovuta anche a problemi delle stesse persone che non capiscono, non guardano, non si interessano. La nascita dell’applicazione Ehilapp!, che era programmata già da tempo e non era legata al Covid-19, ci permette oggi di raggiungere tutte le famiglie, comunicare loro quali sussidi statali o agevolazioni, anche territoriali, ci sono e far sì che siano sempre informate sui loro diritti». Nei giorni scorsi Caritas Verona ha infatti presentato una app per smartphone, scaricabile per tutti i dispositivi: Ehilapp!. Tale applicazione è finalizzata a favorire l’accesso all’informazione su sostegni economici esistenti e opportunità culturali, ricreative, educative gratuite in ogni singolo paese della provincia di Verona. «L’obiettivo – sottolinea mons. Zampieri – è l’emancipazione delle persone vulnerabili, il rafforzamento della loro consapevolezza e l’accompagnamento all’esercizio di un diritto. Sempre nella prospettiva di non dare per carità ciò che è dovuto per giustizia».

Un altro punto cardine su cui Caritas punterà nelle prossime settimane sarà quello dell’animazione territoriale, promuovendo il senso di appartenenza alla comunità e di prossimità nei confronti dei soggetti che la abitano, in particolare dei più fragili. «Per animazione territoriale intendiamo dunque una strategia capace di promuovere la relazione fra cittadini, enti caritativi, associazioni, scuole e istituzioni, un processo di rielaborazione continua delle azioni e degli strumenti per tutelare la centralità della persona e favorire la coesione sociale all’interno della comunità – prosegue Simoncelli –. In quest’ottica, i punti di ascolto zonali e i gruppi caritativi potranno tornare a essere luogo di incontro, scambio, progettazione, capaci di interagire con gli altri soggetti operanti nel territorio e di costruire microalleanze generative tra gruppi, associazioni, enti pubblici».

«A chi lavora con i cittadini fragili è richiesto di scoprire e ricercare i fili della loro vita quotidiana e immaginare come questi possano essere intrecciati per favorire un cambiamento positivo – conclude mons. Zampieri –. Quello che non deve mai mancare è la speranza. I 54 centri di ascolto, con quasi 700 volontari, gli oltre 40 corsi di formazione realizzati, i 9 Empori della solidarietà che hanno realizzato 23 laboratori, sono numeri del 2019 che però non rappresentano solo statistica, ma fanno capire cosa ci sia al centro di tutto. L’obiettivo principale della nostra Caritas sono le persone: operatori, volontari e utenti. La nostra è una Caritas che lavora su due fronti: famiglie sul territorio e grave marginalità e purtroppo questi due filoni, soprattutto in periodo di post-Covid, rischiano di essere correlati e troppo vicini tra loro». Francesco Oliboni

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