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«Passavamo di lì, ci sussurrarono: “A Medjugorje c’è la Signora...”»

di ANDREA ACCORDINI
Una coppia di Rizza nel 1984 lì per caso: non c’era niente, ma quella luce...  

«Passavamo di lì, ci sussurrarono: “A Medjugorje c’è la Signora...”»

Sono pochi a poter raccontare com’era la città delle apparizioni prima di salire agli onori delle cronache e di divenire nota ai fedeli di tutto il mondo. Tra questi, vi sono Rita Abram e il marito Paolo Righetti, due settantenni della frazione di Rizza di Castel d’Azzano, che possono essere annoverati tra i precursori dei viaggi a Medjugorje, quando la famosa meta di pellegrinaggio non era altro che un anonimo puntino sulla mappa dell’allora Jugoslavia e quella delle apparizioni miracolose era solamente una voce che iniziava a diffondersi un po’ in sordina in Italia. 
È per caso che i due sposi, allora trentottenni, ci arrivano: «Erano i primi anni Ottanta, sarà stato l’84. Stavamo andando in Grecia con la nostra Renault 4 lungo la strada costiera Dalmata, allora pericolosissima, tanto che non era raro vedere qualche auto o camion bruciati dopo essere finiti nelle scarpate – racconta Righetti –. Volevo passare da Mostar, perché ne avevamo sentito parlare. Lungo la strada ci fermiamo da un venditore di spremute d’arancia, che inizia a ripeterci con insistenza: “Gospa, Gospa, Medjugorje!”». 
«Sapevo da un’amica croata che “Gospa” (letteralmente “signora”, ndr) era la Madonna – aggiunge la moglie –, ma non capivamo cosa volesse dirci; così ci siamo messi a cercare sulla cartina Medjugorje e abbiamo effettivamente trovato un posto con quel nome». 
Incuriositi, i coniugi si mettono alla ricerca del paese, avventurandosi sulle tortuose e dissestate strade dell’entroterra balcanico, allora poco più che mulattiere. Le indicazioni stradali non esistono e pure i residenti fingono di non saper nulla. 
«Chiediamo indicazioni – raccontano i due coniugi –. Alcuni signori seduti all’aperto ad un tavolo a bere ci ignorano proprio, non volevano parlarci, avevano paura. Ma un’anziana vestita di nero ci fa cenno di seguirla dietro l’angolo di una casa e, una volta lì, ci indica la via in qualche modo». 
Con queste istruzioni i viaggiatori riescono a raggiungere Medjugorje, ma una volta là, «non c’era niente di niente, solo sassi – ricorda Paolo – qualche casa, la chiesa e poco altro». Le persone erano principalmente locali, «eccetto qualche visitatore dalla Germania, dove probabilmente la notizia delle apparizioni iniziava a circolare». 
I due, spiegandosi a gesti, apprendono dunque delle visioni e per prima cosa sono invitati ad incamminarsi sul monte Krizevac, sulla cui sommità è presente una grande croce dove si usava lasciare i rosari. Così fanno anche loro, sostando per una preghiera una volta giunti alla cima. Nella salita, però, racconta Paolo, avviene il fatto più strano: «Ho avuto la percezione che il sole si dilatasse in una macchia di luce tenue, calda e accogliente, per poi concentrarsi in un unico punto di luce estremamente abbagliante, tanto che ho dovuto appoggiarmi con la schiena ad un alberello che avevo dietro per non cadere». 
L’incontro con i veggenti, durante l’apparizione giornaliera, è invece meno insolito del previsto: «Ricordo il silenzio e poi l’impressione di un’aria come diversa», sostiene Righetti; «io non ho avuto questa sensazione – ribatte la moglie –, però entrambi siamo rimasti delusi dal fuggi fuggi dei veggenti finito il momento dell’apparizione. Ovviamente avevano paura, ma ci siamo detti che sarebbero potuti essere più cortesi e compiacenti con quelle persone, saranno state qualche decina, che si erano radunate lì per loro, venendo anche da lontano». 
Il viaggio dei due veronesi prosegue quindi verso la Grecia, ma la visita a Medjugorje li ha impressionati per l’atmosfera di spiritualità e preghiera; così anche sulla via del ritorno fanno tappa nel paesino delle apparizioni. «Ci colpì questo secondo messaggio della Madonna che invitava ad essere più accoglienti – ricorda Rita –, sembrava una risposta alle obiezioni che in cuor nostro erano sorte nella precedente visita». 
Il luogo e l’esperienza vissuta, comunque, si rivelano significativi, tanto da indurre ad un’ulteriore viaggio un paio d’anni più tardi, nel 1986. Anche in questa circostanza ad affascinare la coppia è il clima di raccoglimento che stimola alla preghiera: «Partecipammo ad una celebrazione di oltre due ore con una comitiva di napoletani e, una volta finita, saremmo rimasti ancora, tanto era coinvolgente rimanere a pregare». 
La notizia delle apparizioni, nel frattempo, si diffonde e incuriosisce sempre più, anche in Italia e a Verona: «Siamo andati anche al Cinema Fiume – aggiunge Paolo – a sentire il dott. Luigi Frigerio, della clinica Mangiagalli, che aveva fatto parte della commissione medica che aveva condotto test sui ragazzi durante le apparizioni», attestando il loro stato d’estasi inspiegabile scientificamente. 
La terza e ultima visita a Medjugorje per la coppia di Rizza avviene nel Novanta, prima dello scoppio della guerra nei Balcani. «All’arrivo – dice però Rita – siamo rimasti delusi, il paese era completamente cambiato», lo sviluppo commerciale dell’area, iniziava a farsi notare: «Era diventato un mercato di souvenir, cartoline, rosari e articoli religiosi, con hotel e ristoranti. Pensai che di certo non era quello ciò che desiderava la Madonna». 

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