Ops... si sono completamente dimenticati del Terzo settore...
Federsolidarietà: serve un fondo di sostegno e studiare assieme le innovazioni che la fase 2 porterà con sé
È andata così. Tra le tante cose da fare che questa colossale e inaspettata crisi sanitaria e sociale-economica ha generato – mettere gli italiani in quarantena, tenere in piedi l’Alitalia, cercare soldi in Europa, darne all’Alitalia, accordarsi con i partiti su cosa fare, finanziare l’Alitalia, programmare il dopo-virus, statalizzare l’Alitalia – ci si è scordati completamente del Terzo settore.
Càpita. Ci sono le casse integrazioni e i braccianti che mancano, i settori che vogliono ripartire e le esigenze dello jogging, le librerie da riaprire e le auto-certificazioni da compilare, le elezioni da spostare e le nomine negli enti pubblici da fare (Dio non voglia che ce ne dimentichiamo! E infatti non se ne sono dimenticati, tra amici di Di Maio da piazzare e l’ex ministra Trenta sfrattata da casa di lusso da sistemare)... Alla fine si arriva esausti, può succedere che ci si dimentichi dell’assistenza ai disabili, del volontariato, delle cooperative sociali, degli asili nido, insomma di quel welfare territoriale che tiene su molti fili della nostra società.
E invece di soldi al Terzo settore ad oggi non se ne parla. Si ricapitalizzano banche decotte e linee aeree zombie, si promettono garanzie pubbliche e soldi all’economia, si allargano le maglie di redditi di cittadinanza e di bonus vari... ma niente per questo mondo che con poco fa sempre tanto. Si abitui a farlo con niente, no?
Ci siamo posti il dubbio. Si sono dimenticati (càpita, appunto. Magari il ministro competente non è tanto competente) o lo fanno apposta? Perché tra l’altro soffia una brutta aria in certe stanze di Palazzo. Tanta voglia di Stato, di pubblico. Forse anche la tentazione di stringere la canna dell’ossigeno finanziario per togliersi il peso ideologico della sussidiarietà: vuoi mettere l’occasione d’oro di spazzare via in un colpo solo tutta l’istruzione paritaria su cui si litiga da decenni?
Però no, vogliamo vedere positivo. È un caso, ora si rimedia a tutti i livelli istituzionali. L’enorme crisi che sta investendo il Terzo settore troverà conforto nel futuro prossimo, il più prossimo possibile. Magari cominciando a liquidare quel 5 per mille arretratoche è frutto della volontà dei contribuenti italiani e che è ancora impantanato nelle pieghe del bilancio statale. Magari consultando gli operatori del settore nel costruire il futuro. Perché se le modalità dovranno cambiare – ad esempio nell’accudimento delle persone, nelle distanze o altro – lo si faccia assieme a chi lavora sul campo e tenendo conto dei costi aggiuntivi che quelle necessarie scelte comporteranno. A Roma come a Venezia.
In cauda venenum. Sarebbe ora di ripensare questa “etichetta”, Terzo settore. Fa tanto scomparto di ipermercato, anello del Bentegodi, medaglia di bronzo. Chiamiamolo in altro modo, più attraente. Magari Alitalia...
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