Nel "Mondo di Derek" l’autismo cerca nuove soluzioni
Una famiglia villafranchese, tre figli affetti da disturbo dello spettro autistico e un toccante documentario per sensibilizzare e andare avanti
Un cortometraggio per sensibilizzare sull'autismo. Parola a cui non tutti sanno associare il corretto significato, perché se ne parla sempre troppo poco, e poco si conosce. Innanzitutto è più corretto parlare di disturbi dello spettro autistico, perché le manifestazioni sono molto variabili e diverse da un individuo all’altro. I sintomi compaiono nella prima infanzia e possono manifestarsi sotto forma di difficoltà di linguaggio e di socialità, interessi ristretti e comportamenti ripetitivi, reazioni anomale alle stimolazioni ambientali, in forme lievi o più gravi.
Guarire dall’autismo non è ancora possibile, ma molto si può fare per migliorare la vita di chi riceve questa diagnosi. È il messaggio di speranza che arriva da una famiglia villafranchese in prima linea. «Ogni persona con autismo ha un suo specifico modo per relazionarsi col mondo esterno: capire il prima possibile che c’è questa condizione permette di trovare le strategie migliori per aiutare il bambino a superare le sue difficoltà, tenendo presente che ognuno è un mondo a sé».
A parlare sono Monia Gabaldo e il marito Gabriele Selmo, genitori di Derek, 7 anni e mezzo, e dei gemelli Colin e Liam, di 5 anni e mezzo, tutti con differenti disturbi dello spettro autistico. Sono loro i protagonisti del corto Il mondo di Derek, realizzato dal regista e insegnante Salvatore Aiello grazie all’apporto della Rete cittadinanza Costituzione legalità, coordinata da Anna Lisa Tiberio, assessore all’Istruzione del Comune di Villafranca, di cui è capofila il liceo Medi.
«Con Derek ci siamo accorti subito che qualcosa non andava, perché stava sempre male, ma la diagnosi corretta è arrivata solo dopo la nascita dei due fratellini – racconta mamma Monia –; ci avevano detto che forse l’arrivo di un fratello avrebbe aiutato la socializzazione di Derek, che non parlava e non voleva giocare con noi. Loro hanno solo due anni di differenza e pensavamo avrebbero interagito col gioco, in realtà non l’hanno mai fatto. E quando piangevano disperati non chiamavano mai “mamma” o “papà”, ognuno restava chiuso nel suo dolore».
Gabaldo, medico genetista, per deformazione professionale ha iniziato a filmare i comportamenti dei figli, mostrando poi i video a una schiera di specialisti, seguendo fino in fondo il suo istinto per ottenere una risposta chiarificatrice che tardava ad arrivare. «Quando giunge la diagnosi, però, i genitori non sono preparati: non sempre le metodiche standardizzate delle terapie funzionano sul bambino, bisogna studiare il singolo caso e lavorare sui processi mentali in maniera sartoriale, su misura», prosegue.
Così, pian piano Monia ha iniziato a pubblicare su Facebook gli esercizi che faceva con i figli. «Volevamo far sentire altri genitori meno soli, colmando quel vuoto che si crea a casa dopo l’ora di terapia, dando delle idee per stimolarli nella quotidianità e migliorarne l’apprendimento», racconta.
Da lì, molti passi avanti sono stati fatti sul fronte della sensibilizzazione, coinvolgendo educatori, istituzioni e cittadini. Ormai da un anno, infatti, Villafranca è “Città blu”, impegnata cioè ad essere comunità accogliente verso le persone con disturbi dello spettro autistico nella società, a scuola e nella vita di ogni giorno; il progetto, promosso dal Comune, insieme ad associazioni e Ulss 9, è nato proprio su spinta della famiglia Selmo.
Ora si aggiunge un altro tassello, con la diffusione del documentario. «Collaborare alla realizzazione de Il mondo di Derek per me è stata un’occasione di crescita immensa – commenta il prof. Aiello –. Ci auguriamo che il prodotto possa raggiungere un vasto pubblico, perché la conoscenza è il primo passo verso la vera inclusione. A partire da noi insegnanti: avremmo bisogno di una formazione specifica sulle diverse sfaccettature dello spettro autistico, per avere più strumenti nel nostro bagaglio e non trovarci impreparati».
Proprio la scuola è stato uno degli ambiti in cui Derek e i suoi fratelli hanno potuto trovare la propria dimensione, superando molti ostacoli. «Quando andai alla materna San Giuseppe a iscrivere Derek, tra le lacrime dissi alla direttrice che forse era autistico – racconta mamma Monia –. Lei mi ri- spose: “Non ti preoccupare, lo affrontiamo insieme”. Un po’ alla volta siamo riusciti a creare un ambiente familiare per loro, perché ognuno veniva incluso a seconda delle sue caratteristiche: ce l’abbiamo fatta grazie al lavoro di squadra e al continuo dialogo tra genitori, insegnanti e terapisti».
Un lavoro enorme che ha portato frutti, ben visibili alla fine del documentario. «Ora i nostri figli camminano per mano, si aiutano a vicenda e hanno iniziato a giocare insieme ogni tanto, senza entrare in crisi – spiegano i genitori –. Abbiamo sacrificato tutto e abbiamo una lunga strada davanti, però le premesse sono buone. Speriamo che questo video possa aiutare chi vive la nostra realtà, ma pure chi non la conosce: la neurodiversità è ovunque, bisogna accettare il diverso per quello che è, perché questo gli dà la possibilità di esprimersi e conoscere sé stesso».
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