Legittima difesa: cosa dice il Magistero?
Un po' di chiarezza su un tema molto discusso: ecco la linea del Catechismo della Chiesa cattolica...
È sempre legittima la difesa? Con qualunque mezzo e in qualunque situazione? Le questioni morali e giuridiche sono molte e complesse. Le storie e i racconti di chi per legittima difesa ha finito con l’uccidere uno sconosciuto introdottosi nella propria casa, non raccontano solo grandi sofferenze dal punto di vista psicologico, ma esprimono tutto il travaglio della coscienza che non è riducibile alla licenza di difendersi con qualunque mezzo.
La legittimità della difesa nasce con il diritto romano ed è stata regolata prima nella legge delle Dodici Tavole e poi nel Digesto in cui è definita con la formula vim vi repellere licet (è lecito respingere la violenza con la violenza). La stessa legge del taglione “occhio per occhio dente per dente” nasce non per legittimare la vendetta, ma anzitutto per definire una giusta proporzione e limitare la pena: per il furto di un pane la sanzione è un pane! Non la mano o il braccio, o la vita del colpevole e così via. Insomma la legittima difesa nasce per tutelare un diritto minacciato da un crimine, non per punire l’aggressore.
Nella stessa linea il Catechismo della Chiesa cattolica: «La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere” (n. 2265). La difesa insomma è un dovere quando sono in gioco altri e quando hai la responsabilità di altre persone. Tanto più se l’altro è debole e inerme. Certo, il Vangelo invita a porgere l’altra guancia evitando di rispondere alla violenza con la violenza. Ma attenzione: la guancia di cui si parla è la propria, non quella altrui. Al diritto di difendermi posso sempre rinunciare; ma al dovere di proteggere altri, no.
In definitiva sono almeno tre le condizioni di legittimità della difesa: il ricorso alla forza a scopo di difesa deve costituire l’extrema ratio per difendere se stesso o altri da un’aggressione; la violenza minacciata dall’aggressore deve essere reale, effettiva, non presunta. Non è lecita la violenza preventiva o dissuasiva; la reazione di chi legittimamente si difende, deve essere proporzionata alla violenza dell’offesa. Non è legittima un’uccisione difensiva di fronte a una minaccia che interessi solo beni materiali, né una reazione post-factum (come rappresaglia, vendetta o simili).
Ostentare facili slogan per cui “la difesa è sempre legittima” espone la coscienza collettiva alla presunzione che l’altro è una minaccia e un pericolo. Il rischio è che tale posizione, decisamente immorale, si traduca in una barbarica coltivazione di una cultura della violenza. Se è comprensibile che una persona che ha già subito rapine, spinta dalla rabbia e dall’esasperazione, comperi un’arma da fuoco e la usi in caso di una nuova rapina, è altresì condannabile quella comunità civile che avendo il dovere di provvedere alla sicurezza dei propri cittadini, li costringa a farsi giustizia da sé.
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