La manovra sui tassi
di NICOLA SALVAGNIN
Lo scudo europeo si assottiglia, equilibrio di bilancio e reputazione saranno i soli a difenderci e dovremo averceli
di NICOLA SALVAGNIN
Manovrare sui tassi d’interesse di una moneta è il metodo più rapido per riscaldare o raffreddare la richiesta della stessa: vuoi denaro? Lo pagherai più o meno caro a seconda appunto del tasso d’interesse. Se vuoi gettare acqua fredda sui consumi, lo alzerai come ha fatto la Bce con l’euro: ora è al 2,5%, terzo rialzo consecutivo. Nel contempo raffredderai però pure la spinta economica, perché le aziende pagheranno di più per finanziarsi e gli europei rallenteranno i consumi.
Il tutto ha una nobile finalità: frenare la crescita del tasso d’inflazione che, dopo anni di stasi quasi completa, negli ultimi tempi ha ripreso a galoppare. Nell’eurozona siamo all’8,4% (in Italia è ancora più alta); si prevede di farla calare al 6,3% nel 2023, e al 3,4% nel 2024. Ma tutto dipenderà dai prezzi di gas e petrolio, che stanno svenandoci: più saranno alti, più inflazione importeremo. E viceversa.
È quel viceversa il punto cruciale: stiamo vivendo un’inflazione da eccesso di consumi (c’è richiesta di merci maggiore di quanto queste siano disponibili, con l’ovvio rincaro delle stesse)? O da fattori esterni quali il caro-energia? Se la seconda ipotesi fosse prevalente, i rischi sono alti: da una parte si scoraggiano i consumi – denaro più caro significa meno prestiti e mutui –; dall’altra si mettono in difficoltà gli investimenti delle aziende. Insomma, costruiamo recessione manovrando in modo sbagliato sulla moneta.
Qui divergeva radicalmente l’opinione dell’ex presidente della Bce, Mario Draghi, con quella di chi gli è succeduto, la francese Christine Lagarde. Con il primo a chiedere molta più cautela nel rialzare i tassi. Certo, lo faceva da presidente del Consiglio italiano, cioè il Paese che più soffrirà delle politiche monetarie lagardiane: il nostro colossale debito pubblico diventa ogni giorno più caro, mentre la nostra economia stava correndo come non mai. Pagheremo più interessi, cresceremo meno.
In più, la Bce sta mandando al capolinea proprio quel Quantitative easing di fattura draghiana, cioè l’acquisto della Bce stessa dei titoli di Stato dell’eurozona, che permise di stoppare la speculazione che stava travolgendo Grecia, Spagna, Cipro, Portogallo e soprattutto Italia nel 2011-2012. Lo scudo europeo si assottiglia, equilibrio di bilancio e reputazione saranno i soli a difenderci e dovremo averceli.
E perché siamo arrivati a questo punto? Soprattutto per due fattori, uno esterno (Vladimir Putin anzitutto) e uno interno: l’incredibile decisione europea di soppiantare di colpo le fonti energetiche fossili dando una scadenza ravvicinata e inderogabile alla transizione energetica, senza prevedere eventuali ostacoli nel frattempo. La nobile intenzione era quella di “fare presto”, abbiamo fatto male consegnandoci ad un “vicino di casa” impresentabile. Stiamo pagando il salatissimo conto
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