Il medico delle scarpe che hanno un’anima
Danilo, artigiano in lotta contro... l’usa e getta
È un concentrato di ossa, muscoli, legamenti ed è la base di appoggio del nostro corpo. Insomma, se sta bene lui, stiamo bene anche noi. Il piede umano è spesso definito come un capolavoro di ingegneria, e merita di essere tutelato a partire dal “rivestimento” che scegliamo: le scarpe. Strumenti essenziali per sostenere e proteggere, avvolgere e riscaldare. Ecco i segreti dell’accessorio più importante per il nostro benessere, raccontati da un artigiano veronese.
C’erano una volta i calegheri e i zavateri, fior fiore di artigiani appartenenti a una prestigiosa e rinomata scuola fondata nel 1278 a Venezia. Ai tempi della Serenissima si chiamavano così i costruttori e riparatori di scarpe e di ciabatte. Ma come succede spesso in Italia, regione che vai nome che trovi: e dunque se ci spostiamo a Napoli ad aspettarci nella sua bottega ci sarà o’ solachianiello, in Sicilia u’ scapparo, in Piemonte il caliè. Una cosa è certa: il mestiere del calzolaio ci riporta a un tempo che fu, quando la scarpa era considerata un oggetto durevole e prezioso, bisognoso di cure e attenzioni. E veniva affidata esclusivamente a mani esperte.
«Lavoravo in una fabbrica di scarpe e poi ho deciso di mettermi in proprio, aprendo prima un negozio, e dedicandomi poi completamente alle riparazioni», spiega Danilo Carli, proprietario dell’omonima bottega di via Stella, aperta nel 1990, trent’anni fa. «Ho frequentato un corso di modellista a Milano, da giovane, e sono in grado di fare io stesso le scarpe, ma mi manca il tempo per creare i modelli». E intanto ha insegnato il lavoro ai suoi figli: «Non esistono attualmente scuole specifiche per imparare questo mestiere», dice.
Nel frattempo le mode e le tendenze cambiano, e oggi più che mai viviamo nell’epoca in cui le scarpe sportive, sdoganate dalle piste di atletica o dai campi da gioco, sono entrate prepotentemente nelle nostre vite. E gli artigiani si sono adattati al cambiamento: «Sistemare una scarpa da ginnastica richiede comunque esperienza e abilità, ma è sicuramente meno difficile rispetto al lavoro che richiedono certi modelli di scarpe più in uso una volta. I più complicati? Penso subito ai mocassini, che si tagliavano e si cucivano interamente a mano».
Ciò che è cambiato, e si ripercuote poi sulla vita stessa degli artigiani, è il rapporto con i beni di consumo, di cui spesso ci si sbarazza al primo problema. Ecco perché ci si chiede se il mestiere del calzolaio possa continuare a sopravvivere. Anche alla luce di un dato allarmante: si è calcolato che oggi in Italia esista una bottega di calzolaio ogni cinque comuni. Insomma, se è vero che tanti scelgono di comprare un paio di scarpe nuove al primo problema, preferendo magari la convenienza alla qualità del prodotto, è anche vero che spesso si fatica a trovare un artigiano competente capace di portare a risplendere un vecchio paio di scarpe.
«Siamo in via di estinzione? Forse. Tanti colleghi hanno chiuso bottega, e anche se di certo qualcuno continuerà a resistere, presto gli stranieri si sostituiranno, come è avvenuto in altri settori come la sartoria».
Forbici e martelli, lacci e fili, nastri e raspe. Sono tanti gli oggetti che deve usare un calzolaio, anche se oggi le macchine moderne stanno risparmiando agli artigiani artrite, dolori e calli. Come è avvenuto per tanti altri mestieri, la tecnologia e le macchine industriali hanno reso la vita molto più semplice, anche in questo settore. Con moderne macchine da cucire che riducono notevolmente le ore di lavoro.
«Rispetto ai tempi in cui ho cominciato io è cambiato tutto – racconta Danilo –. Una volta la scarpa si faceva con le mani dall’inizio alla fine. Oggi invece ci vengono in soccorso le macchine per cucire le suole e la pelle, i chiodi non si usano più, insomma lavorare in bottega non è più così logorante. Ma come sempre, anche qui a fare la differenza è un occhio esperto e allenato, e le mani si confermano lo strumento più importante e insostituibile».
Di sicuro a Danilo piacciono le sfide: «Più è difficile un lavoro, più mi diverto. E poi è bello sapere di avere la fiducia di clienti storici. Alcuni mi chiamano ancora da altre città, se nel frattempo si sono trasferiti, per mandarmi le scarpe in riparazione. Significa che un’esperienza solida è garanzia di qualità». E poi, come è successo a ognuno di noi, ci sono delle scarpe di cui ci innamoriamo e che ci accompagnano per anni. «La soddisfazione più grande è quella di vedere un cliente contento di aver ritrovato le sue scarpe preferite in tutto il loro splendore».
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